domenica 4 gennaio 2009

La valorizzazione di "SaPompìa" di Siniscola, come strumento di svilupppo dell'economia rurale del territorio









Si pregano i gentili lettori di fare presenti errori, opinioni, ma anche domande o curiosità
Claudio Secchi mail: claudio.secchi@gmail.com cellulare:3470650180-fisso:055291395
www.SardiniaSlowExperience.com - www.panecarasau.org/prodotti/pompia/

I numeri messi tra parentesi rappresentano le note che troverete in coda ad ogni capitolo

Indice

Introduzione

Capitolo 1 “Sa Pompìa” e la sua storia
1.1 Cos’è “Sa Pompìa”
1.2 Cenni storici
1.3 Descrizione della pianta e del frutto
1.4 Legame storico con il territorio
1.5 Il frutto e i suoi derivati
1.5.1 Dal frutto al dolce
1.5.2 Altri usi
1.6 La filiera produttiva
1.7 I problemi del mercato alla produzione e l'organizzazione
dell'offerta


Capitolo 2 Siniscola, prodotti tipici e sviluppo rurale

2.1 Il territorio e le sue potenzialità
2.2 Definizione di territorio rurale e di sviluppo rurale
2.3 La politica di sviluppo rurale dell'Unione Europea
2.4 Il ruolo del prodotto tipico nello sviluppo rurale
2.4.1 I valori del prodotto tipico
2.4.2 Cosa intendiamo per valorizzazione
2.5 Il processo di valorizzazione e le aree strategiche
2.6 Gli obbiettivi e gli strumenti di valorizzazione

Capitolo 3 “Sa Pompìa” oggi: inquadramento della situazione attuale.

3.1 Prima della riscoperta
3.2 La riscoperta di “Sa Pompìa”
3.3 La nascita del presidio Slow Food
3.4 Il ruolo dell’amministrazione comunale
3.4.1 Le iniziative da loro svolte
3.4.2 Le loro aspettative, interessi e obiettivi
3.5 Le funzioni del presidio
3.5.1 Analisi dei soggetti coinvolti nel presidio
3.6 Il coinvolgimento della popolazione all’interno delle iniziative di
promozione
3.6.1 Analisi dei soggetti coinvolti nel presidio
3.7 Analisi di quelli che non fanno parte del presidio
3.8 Diffusione di Pompìa all’interno dei menu di ristoranti e
agriturismi
3.9 I canali di vendita attuali
3.10 Sintesi delle opinioni comuni, base di partenza per instaurare un
nuovo progetto


Capitolo 4 “Sa Pompìa”: un nuovo piano strategico per il futuro

4.1 Perché e come redigere un nuovo piano strategico
4.2 Le basi per una buona strategia
4.2.1 L'importanza di formare una rete della filiera
4.2.2 Il ruolo delle scuole e il coinvolgimento dei giovani
4.3 Obiettivi perseguibili
4.4 Gli strumenti e le iniziative necessarie
4.5 Progetti in corso
4.6 Con tanti piccoli passi si avanza lungo il cammino!!

Conclusioni
Bibliografia
Sitografia

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Introduzione

La Sardegna è terra ricca di saperi e tradizioni e nel lungo corso della sua storia i tanti cambiamenti, gli scambi con le altre civiltà mediterranee, le dominazioni straniere e i diversi popoli che l'hanno abitata hanno contribuito a formare una cultura legata al passato, alle sue arti e tradizioni, ma anche molto orientata al futuro e alle innovazioni necessarie a renderla migliore. Nel secondo dopoguerra con la nascita della Repubblica Italiana si è tentato di perseguire uno sviluppo industriale (amministrato dall'esterno dell'isola) che è fallito miseramente, e che dopo aver convinto le persone ad abbandonare il lavoro che avevano fatto per una vita e ad averle allontanate dalle campagne, ha avuto gravi problemi funzionali soprattutto a causa della mancanza d’integrazione che queste attività hanno avuto con l'ambiente culturale, sociale ed economico che avrebbe dovuto accoglierle.
Fortunatamente negli ultimi tempi qualcosa è cominciata a cambiare positivamente: anche grazie alle politiche comunitarie dell'Unione Europea, si sta ridando una speranza a tutti quei territori rurali che sono rimasti per lungo tempo ai margini dello sviluppo portando delle alternative di crescita più concretamente legate al territorio. Oggi è più facile che anche in Sardegna si possa percorrere questo cammino, riappropriandoci del nostro passato, rivalutandolo, e infine proiettandolo verso il futuro che ci aspetta.
Inoltre ultimamente si hanno gli strumenti per poter promuovere un’economia più giusta, più equamente distribuita e anche più solidale. I mezzi che abbiamo per raggiungere questi obiettivi sono la valorizzazione del territorio con le sue particolarità, i suoi prodotti tipici, il suo ambiente. Per riuscire in tutto ciò, occorre gettare delle solide basi: queste hanno bisogno di una stabile cooperazione tra tutti i componenti sensibili della comunità e in un adeguato supporto delle Istituzioni. Quando queste basi saranno affermate, si potranno intraprendere varie iniziative che con l'ausilio di strumenti e risorse potranno portare all'obiettivo prefissato ossia lo sviluppo dell'economia rurale del territorio, tramite la valorizzazione dei prodotti tipici.

Negli ultimi decenni le aree rurali Europee sono state interessate da profonde trasformazioni che hanno prodotto una modifica sostanziale della loro tradizionale struttura economico-sociale. Queste zone hanno acquistato una crescente importanza in termini di caratterizzazione dell’ambiente e del paesaggio, dovuta ad un mutamento sostanziale degli stili di vita e di consumo. A formare lo spazio rurale, concorrono sempre più attività economiche quali: turismo, commercio, artigianato, servizi alle imprese e alle persone, etc. Uno degli effetti immediati è stato l’ampliamento e il rafforzamento dell’offerta di turismo rurale e delle sue due componenti principali: l’agriturismo e i prodotti agroalimentari locali. Questi settori, infatti, nel corso degli ultimi due decenni, sono stati oggetto di una crescente attenzione da parte delle politiche comunitarie e nazionali a favore delle aree rurali. In particolare ad essi è stato assegnato un ruolo strategico nel favorire l’avvio e il consolidamento di processi di sviluppo sostenibili, di carattere locale, gestiti dagli operatori presenti nell’area di intervento, basati sulle risorse endogene sia materiali (risorse ambientali, architettura, infrastrutture, monumenti, produzioni alimentari tipiche, etc.) sia immateriali (cultura, tradizioni, professionalità, storia, etc.).(1)

A Siniscola tra i tanti prodotti tipici tradizionali emerge, per la sua fama, la Pompìa, un agrume dalla cui lavorazione viene preparato l’omonimo candito e altre preparazioni dolciarie dalle caratteristiche più uniche che rare. Molte sono state le iniziative e i progetti proposti dai vari soggetti per promuovere e valorizzare questo prodotto, ma fino ad oggi non si è ancora avviato un progetto strutturato costruito in modo da sfruttare le sinergie tra i soggetti economici (e non) del territorio, al fine di sviluppare delle strategie volte al rafforzamento dell'identità dei prodotti tipici, all'istituzione di marchi territoriali e alla realizzazione di azioni comuni che portino a un evoluzione dell'economia rurale, a un maggior dinamismo del territorio, al coinvolgimento della comunità e sopratutto dei soggetti più deboli come giovani e disabili nella creazione di nuove opportunità di lavoro.
Un progetto che permetta di sfruttare le potenzialità dei prodotti tipici procedendo a una valorizzazione che oltre a rafforzare il legame dei prodotti con il territorio di appartenenza, crei anche quello scambio di conoscenze e interessi tra i soggetti interessati dalla valorizzazione dei prodotti tipici, in modo da creare quelle sinergie necessarie affinché ci sia una continuità nel perseguire gli obiettivi comuni, che sarebbero quelli dello sviluppo equo-sostenibile dell'economia rurale e turistica del territorio.
Nonostante gli sforzi compiuti dall'amministrazione comunale, dal mondo dell'associazionismo e da privati nel promuovere e valorizzare “sa Pompìa” non si è ancora mai data una vera e propria impronta comune alle iniziative a causa della scarsa cooperazione all'interno della comunità, del ruolo marginale che ha la Pompìa per le imprese che la trasformano, dalla mancanza di spirito imprenditoriale e del scarso impegno nel cogliere opportunità di impresa. In ogni modo le piccole imprese agroalimentari e artigianali costituiscono già da tempo per i territori rurali una componente importante del tessuto economico e sociale e le loro produzioni, così radicate nella tradizione, sono una parte fondamentale del patrimonio locale di identità. I prodotti tradizionali si accompagnano ad un grande bene vendibile, con un valore aggiunto di immagine notevole: il territorio.
Le produzioni tipiche rappresentano per esso una continuità con il passato ma anche una scommessa per il futuro che impone alla comunità locale di comportarsi in una maniera tale di conservare e valorizzare, per evitare un impoverimento culturale, una perdita irrimediabile delle tradizioni e l'abbandono di quei territori, poveri di risorse ma che hanno nella tipicità la loro forza. Nonostante ciò il territorio oltre a tanti punti di forza non ancora pienamente sfruttati dispone di un eccellentissimo strumento che se usato in maniera corretta può essere il centro di raccolta delle idee e dei percorsi dal quale poter far partire tutto, il presidio Slow Food (2).
E' da tanto tempo che coltivo l'idea di fare una tesi sulla valorizzazione della Pompìa, in quanto ho sempre sentito discussioni su questo tema nell'ambiente familiare dove sono cresciuto, ed è stato per me come raccogliere una sfida, mettere le mie conoscenze e i miei studi alla prova e vedere di che sono capace. Ho deciso di lavorare sulla Pompìa anche e sopratutto per dimostrare che ci sono tante vie di sviluppo possibili, diciamo per lanciare una pietra in uno stagno, per smuovere un po' le acque e sensibilizzare la popolazione locale sull'importanza di queste risorse che abbiamo, provando a iniziare un percorso che possa essere condiviso dai vari soggetti in causa e che riesca a dare una svolta all'economia e all'immagine del territorio.
Un percorso condiviso che risulta essere necessario considerando che a quattro anni dalla creazione del presidio, che ha iniziato un percorso di “pseudo valorizzazione”, i passi in avanti sono stati pochissimi, e tenendo presente che il territorio e la comunità soffrono da tempo una crisi nera legata al fallimento di realtà industriali tessili che hanno lasciato in mezzo alla strada centinaia di famiglie, portando a enormi flussi di emigrazione soprattutto giovanile al di fuori dell’isola.
Siniscola ha oggi bisogno di risorgere, di rigenerarsi e di credere in un progetto che porti fiducia, rafforzi il tessuto sociale con la cooperazione e dia possibilità di sviluppo per i giovani e i meno giovani.
Il presente lavoro ha l'ambizione di creare una maggiore coscienza sociale, e si augura di fungere da stimolo e incoraggiamento per tutte quelle persone che ancora non si sono arrese e credono in uno sviluppo integrato e sostenibile del territorio, che viene promesso da tempo dai politici di turno, ma mai realizzato facendo si che al momento le prospettive di crescita del territorio siano bassissime, con una scarsa fiducia nelle Istituzioni.

Lo studio che ho fatto è diviso in quattro capitoli: nel primo verrà inquadrato il prodotto, con la sua presentazione e fornendo mano a mano tutte le caratteristiche di cui è dotato; analizzerò il percorso storico, la filiera e i problemi di mercato come l'offerta del frutto. Nel secondo capitolo presenterò il territorio e farò una panoramica sui valori dei prodotti tipici e sulle politiche di sviluppo rurale contemporanee.
Col terzo capitolo inizia la seconda parte del lavoro dove, qui, procederò a una analisi cronologica dell'evoluzione della situazione legata alla valorizzazione della Pompìa, descrivendo i soggetti intervenuti fino ad ora con le rispettive ambizioni, aspettative ed interessi. Analizzerò inoltre i comportamenti dei vari attori coinvolti e le loro iniziative intraprese, facendo un punto riassuntivo sulla situazione attuale. Tutto ciò per capire le caratteristiche e gli indirizzi attuali della comunità in modo di preparare lo studio del quarto e ultimo capitolo dove oltre a parlare dei progetti in corso, proverò a mettere le basi teoriche per trovare un'intesa a livello locale e proporre la redazione di un piano strategico che in sintonia con le vocazioni e le disponibilità del territorio, riesca a valorizzare “sa Pompìa” e a usare questa come strumento per arrivare a uno sviluppo dell'economia rurale del territorio.
Per la realizzazione di questo lavoro sono state fondamentali le interviste ai vari soggetti interessati della comunità, i documenti fornitomi dal comune, da privati, e la ricerca su internet.
In ordine sparso desidero ringraziare per la gentile disponibilità e collaborazione: il prof. Raimondo Azara, la responsabile dei presìdi Slow Food della Sardegna Anna Sulis, Stefania Cotza, il sindaco di Siniscola Lorenzo Pau per la disponibilità e il tempo concessomi, l'assessore Piero Carta per la documentazione fornitami, i gestori di agriturismi e ristoranti che con pazienza e collaborazione hanno risposto alle mie domande.

(1) Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari. [1996](Programma di iniziativa comunitaria LEADER II) /CE, INEA, MiRAAF; a cura di Carlo Hausmann. - LG. - Roma : INEA,
(2) I presìdi Slow Food sono associazioni territoriali che rappresentano i produttori di prodotti tipici particolari, a rischio di scomparsa e meritevoli di tutela, che si prodigano nella conservazione e valorizzazione del prodotto in quanto portatori di un patrimonio storico, genetico, culturale e sociale unico.

Capitolo 1 “Sa Pompìa” e la sua storia
1.1 Cos'è la Pompìa

La Pompìa è un agrume antico e misterioso di cui ci si ha testimonianza da almeno tre secoli e che rappresenta una delle più peculiari tra le specie vegetali tipiche del territorio di Siniscola. Nonostante la Pompìa non sia stata catalogata ancora in maniera ufficiale, si può annotare a scopi divulgativi che l’agrume in questione possiede un aspetto simile al cedro, ma molti caratteri, sia dell'albero che del frutto non corrispondono alla specie. Siniscola è parte dell’area agrumicola sarda che va da Budoni a Orosei, nel quale fin da tempi remoti sono state coltivate moltissime varietà di cedro, arancio e limone. L'albero sembrerebbe un arancio ma i rami sono spinosi come quelli del limone. Il nome scientifico provvisorio è Citrus monstruosa, un ecotipo locale, sviluppatosi nell'ambito del germoplasma isolano, e l'ipotesi per ora più accreditata la definisce come un ibrido sviluppatosi dall'incrocio tra cedro e limone, forse in epoca medioevale, in seguito alla decadenza agricola delle zone litoranee, quando la fascia costiera venne abbandonata dalle popolazioni per le frequenti invasioni barbaresche. Ma non si tratta del cedro, la cui coltura era diffusa in Sardegna già nel IV secolo(3), né della lumia, altro agrume storico a cui viene accostato; da questi diverge sia per le caratteristiche dell'albero che del frutto. “Sa Pompìa” è uno dei più grossi agrumi che si conosca: la sua circonferenza, di forma irregolare, può raggiungere i 70 cm di lunghezza, la sua buccia, di colore giallo, si presenta rugosa e ricca di tubercoli. L'albedo viene utilizzato nella preparazione del candito omonimo, mentre il succo piuttosto acido, non ha trovato finora nessun campo d'impiego.


Come fa notare il Prof. Azara nella sua ricerca(4):
“La prima accurata descrizione dell'agrume, che costituisce uno dei primi e autorevoli tentativi di classificazione, risalente ai primi dell'ottocento, si esprime nei seguenti termini: Citrus medica, cedra, fructu monstruoso auriantato, cortice crasso, mucronato, medulla exigua, seminibus carente; cédrat monstruex ou Cédrat de la Chine, Cedro della China, Cedro aranciato.
E inoltre: Citrus medica tuberosa: Poncire; Limon citrata monstruosa sive scabiosa; Citrus medica fructu oblongo majori mucronato, cortice crasso rugoso; Lima Romana; Lima verrucosa; Pompìa, Spompìa.
Tale incertezza, che nasce da una difficile collocazione tassonomica del genere citrus (il numero di specie botaniche considerate commestibili varia, a seconda degli autori, da 8 a 145), impegna ancora gli studiosi per la presenza di molti individui originatisi per ibridazione naturale. Le difficoltà nel nostro caso sono rese ancor più accentuate dalla scarsa diffusione geografica dell'agrume, che non trova riferimenti in altre regioni: la sua presenza viene segnalata solo nei Giardini Storici, negli Orti Botanici e presso gli Istituti Sperimentali di Agrumicoltura. La ricostruzione fatta di recente della mappa genetica della lumia apre nuovi scenari nel campo della classificazione di alcune entità genetiche misteriose, e fa ben sperare in una prossima individuazione anche della genealogia del Citrus Monstruosa, suscettibile di miglioramento genetico anche per scopi commerciali.”


1.2 Cenni storici

Le prime notizie su questo strano agrume risalgono al Settecento e si possono rintracciare in un saggio sulla biodiversità vegetale e animale della Sardegna di un botanico sassarese, Andrea Manca Dell'Arca, pubblicato nel 1780(5) , e di vent’anni prima è una statistica redatta per ordine del Vicerè(6) che registra alcune coltivazioni a Milis(7), in provincia di Oristano. Queste documentazioni si riferiscono, tuttavia, al secolo precedente le fonti iconografiche provenienti dalla corte medicea che, raffigurando varie tipologie di frutti a grandezza naturale, offrono ancora oggi un notevole contributo storico-tassonomico per l'individuazione di genotipi particolari; fra gli agrumi stravaganti è possibile individuare alcuni esemplari di Citrus Monstruosa.
Oltre a questi documenti non disponiamo di altre fonti storiche, quindi non è ancora possibile dire con certezza né da quanto tempo esista questa pianta, né se sia originaria del territorio in questione, oppure sia arrivata a noi da qualche altro posto, in quanto la testimonianza del documento che afferma che questa veniva coltivata a Milis nel 1760, potrebbe far ipotizzare che arrivi da lì, e che mentre dalle altre parti sia sparita per la mancanza di usi ad essa associati, a Siniscola sia rimasta, grazie all’invenzione di alcuni particolari dolci di cui si parlerà in seguito.
Le ipotesi però sono tante e contraddittorie e a riguardo è sufficiente ricordare che in base alla testimonianza di diverse persone che hanno effettuato delle ricerche a proposito, si dice anche che in Sardo il cedro veniva chiamato Pompìa, quindi non si può essere sicuri nemmeno che la pianta cui si riferivano i documenti sopra citati, fosse la pianta di Pompìa che conosciamo noi.
Per queste incertezze auspico che in un futuro prossimo verrà fatto uno studio specifico su questa pianta, dal punto di vista sia genetico che storico per mettere fine una volta per tutte a queste incertezze, che non trovano mai d'accordo la popolazione e con i quali viene fatta anche una cattiva informazione, in quanto quando delle persone chiedono informazioni su questa pianta, molte volte vengono date notizie distorte che poi le troviamo pubblicate nei giornali o in internet e come spesso succede dopo tante volte che vengono ripetute assumono una certa credibilità. Io penso che anche da questo punto di vista è importante avere una versione veritiera ufficiale comprovata della storia della Pompìa che possa essere un punto di partenza per una riappropriazione e conoscenza delle dinamiche che hanno portato questa pianta a noi.

1.3 Descrizione della pianta e del frutto

Si tratta di un ecotipo locale di antica origine e di difficile inquadramento tassonomico. Da molti ritenuto un cedro, si differenzia dalla specie Citrus medica per diversi caratteri sia dell'albero che del frutto; più probabilmente potrebbe essere un ibrido naturale originatosi nell'ambito della popolazione agrumicola locale. L'albero è di dimensione media, ha portamento assurgente e i rami sono provvisti di spine medie appuntite; le foglie sono grandi, di forma ovale con apice convesso. I frutti hanno forma sub-globosa appiattita ai poli e dimensioni elevate: un frutto può raggiungere un peso di 700 gr. La base è appiattita e profondamente solcata con calice piccolo regolarmente diviso e peduncolo difficilmente distaccabile. L'apice è piano, leggermente incavato circondato da un'areola molto evidente, la cicatrice stilare è piccola. L'epicarpo (buccia) di color giallo, più intenso o ambrato nei frutti a maturità avanzata, è molto rugoso, presenta costole longitudinali accentuate e spessore elevato. Alcuni frutti, di dimensioni inferiori possono presentare la superficie liscia a maturità avanzata. La polpa costituita da 13-14 logge ben separabili, è di color giallo chiaro, ha tessitura grossolana e vescicole grandi e tozze. Il contenuto in succo è modesto cosi come il tenore zuccherino, mentre l'acidità è elevata; il numero dei semi è contenuto entro valori medi.

1.4 Legame storico con il territorio

La Pompìa ha un fortissimo legame storico con il territorio in quanto deve la sua sopravvivenza al fatto che nel solo comune di Siniscola questa pianta ha trovato utilizzo nella preparazione dei dolci più tradizionali del paese noti come “ sa Pompìa intrea” e “s’Aranzata”. Non si sa ha una fonte storica che dica con certezza da quando si sia iniziato a produrre il dolce poiché la ricetta è stata tramandata oralmente nel corso dei secoli. Sa Pompìa, nelle sue varianti, era, ed è ancora un dolce esclusivo, un tempo riservato a pochi e che veniva offerto solitamente in occasioni speciali di festa. Un periodo questo era il regalo più esclusivo e gradito per i testimoni di nozze ed i padrini dei propri figli, e sempre stato considerato quasi un bene di lusso, che pochi prima si potevano permettere poiché la sua preparazione esigeva molte ore di lavoro e ingredienti rari quali il miele e lo zucchero, fatto che ne ha impedito una sua grande distribuzione.
Vi è da dire che ultimamente il legame si è rafforzato ulteriormente in quanto si è notato questo attaccamento da parte dei siniscolesi nei confronti di questo prodotto, dimostrato dal fatto che quando qualche paese vicino si è attribuito la tradizione del dolce per scopi speculativi di immagine c'è sempre stata una forte sensibilità della comunità nel rivendicare e smentire questi tentativi di espropriazione.

1.5 Il frutto e i suoi derivati

Come precedentemente accennato la Pompìa non si consuma fresca: la polpa e il succo sono troppo acidi, molto più del limone, per questo motivo ha bisogno di un processo di trasformazione. La trasformazione della Pompìa è una sorta di ricetta storica che è stata custodita gelosamente nel corso dei secoli ed è arrivata uguale a come è nata, fino a noi. Quasi una magia che permette ad un frutto non commestibile e acidissimo di diventare un candito dal particolarissimo sapore dolce col retrogusto amaro che lo rende una prelibatezza inconfondibile per il suo sapore.
La sua originalità sta sicuramente nel fatto che nella preparazione del dolce si gratta via la scorza del frutto e si utilizza l'albedo (parte bianca sotto la scorza) buttando via la polpa interna, la parte che normalmente si mangia. Come già detto la tradizione di questo dolce ha origini molto antiche strettamente legate alla storia del paese in cui si originò. I suoi frutti fortemente amari venivano raccolti tra novembre e febbraio, lavorati con il miele, altro prodotto diffuso nella zona che aveva lo scopo di mitigarne il sapore, e anche le mandorle, di cui abbondavano le campagne; così dall'ingegnosità antica si è arrivati alla delizia odierna che ci ricorda quello che eravamo.
Della Pompìa si tramandano due tipi di lavorazione: sa Pompìa intrea (ovvero il frutto intero) e s'Aranzata. La prima, maggiormente diffusa perché legata ad un uso quotidiano, veniva conservata e offerta a personaggi illustri come medici e notai. A quei tempi era un prodotto costoso dato che aveva come ingrediente principale il miele nel quale il frutto intero veniva fatto bollire per ore fino a quando non diventava “in colore 'e marengo”(8). Inoltre in occasione di feste, matrimoni, cresime, etc. sempre con la Pompìa veniva preparata “s'Aranzata” dalla lavorazione lunga e laboriosa. In questo caso però il frutto veniva tagliato a spicchi e svuotato, e oltre al miele si aggiungevano le mandorle. Quando il tutto rimaneva legato e amalgamato in un composto omogeneo veniva steso su un tavolo con il mattarello e decorato con “sa trazzea” piccoli confettini di zucchero colorati. Una volta fatto raffreddare veniva tagliato a rombi e servito su foglie di arancio, limone o Pompìa per esaltarne il gusto con il loro aroma.
Oggi la tradizione e la lavorazione, che ancora si tramanda di madre in figlia, sono rimaste le stesse e la Pompìa dal gusto dolce amaro accompagna tutte le ricorrenze più importanti della vita del paese. Naturalmente il benessere di oggi ha permesso una diffusione di questo dolce anche in altre occasioni e oltre i confini locali cosicché ha avuto l'opportunità di essere gustata da forestieri, che ne hanno fin da subito riconosciuto la bontà, contribuendo ad alimentarne la leggenda.
La scorza eliminata nella preparazione dei dolci viene utilizzata per fare il liquore di Pompìa; il processo avviene tramite l'infusione in alcool per almeno quaranta giorni della scorza, dopo di ché si prepara uno sciroppo composto da acqua e zucchero e si miscela con l'alcool, il tutto successivamente viene filtrato, e il liquore è pronto per il consumo, ha all'incirca 26° e deve essere servito ghiacciato per apprezzarne a pieno il gusto.

1.5.1 Dal frutto al dolce

Dolci antichi, di complessa e laboriosa preparazione, con tempi di lavorazione lunghissimi. Almeno sei ore di tempo, si inizia grattando via la parte superficiale della scorza in modo che rimanga l'albedo bianco, dopo aver praticato un piccolo foro in corrispondenza del picciolo, la si libera dalla polpa con l'aiuto delle dita o di un cucchiaino, cercando accuratamente di non danneggiare o rompere l'involucro che contiene gli spicchi. Il risultato di questa operazione, che richiede perizia e una grande manualità, è una sorta di palloncino bianco vuoto che viene prima lessato per liberarlo dall'eccesso di acidità e poi immerso in una teglia contenente miele solitamente millefiori.
I frutti ricoperti dal miele vengono poi cucinati a fuoco lento girando di tanto in tanto e riempiendo costantemente di miele l'interno del “palloncino” fino a quando non assumerà il tipico colore rosso ambrato. La canditura con il miele smorza l'acidità del frutto mantenendo un sottile e gradevole sapore amarognolo.
Il frutto viene poi confezionato nei barattoli di vetro o terracotta ricoperto con la gelatina di cottura o con del miele nuovo che fa da conservante naturale, conservati poi al riparo da fonti di luce e calore in modo da mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche, l'unica cosa che può mutare è il colore che col passare del tempo diventa più scuro.

1.5.2 Altri usi

Il frutto della Pompìa veniva e viene utilizzato per altri scopi oltre che per quello alimentare. La polpa inutilizzabile in questo senso, veniva usata per lucidare il rame, l'ottone e l'oro in quanto il succo molto acido, corrode le ossidazioni ed è utilizzato anche per la pulizia delle mani in quanto ottimo detergente; inoltre è da segnalare che questo frutto ha delle caratteristiche uniche nelle sua specie in quanto ricchissimo di oli essenziali, i quali ultimamente vengono utilizzati nel campo della cosmesi e dell’erboristeria in quanto la Pompìa è un ottimo ricostituente ed è un rimedio naturale per curare tossi, mal di gola, raffreddori, inappetenze.
Oltre ai sopraccitati prodotti appartenenti alla tradizione siniscolese da tempi remoti, oggi giorno la Pompìa viene utilizzata per produrre tantissime altre preparazioni alimentari, tra cui la panna cotta con Pompìa, granite, gelati, e la marmellata alla Pompìa. Per quest'ultima è da sottolineare che è l'unico prodotto dove si utilizza tutto il frutto, il quale viene macinato e messo a bollire in un tegame assieme ad acqua e zucchero per poi procedere al confezionamento.
Oggigiorno la gamma di prodotti derivati dalla Pompia si è ampliata in quanto si è tentata la sperimentazione in nuovi campi , per sfruttare al meglio le proprietà del frutto, e in molti casi c'è da dire che non è andata male.
La Pompìa ormai è stata sperimentata con successo su diversi piatti, essa si può consumare come antipasto, insieme a formaggi che ne esaltano il contrasto di sapori, o con verdure (radicchio, trevisana, belga), ma fa anche la sua bella figura con i secondi come bolliti e cacciagioni, la Pompìa spalmata sulle carni è ottima , inoltre per passare da un piatto all'altro è stato realizzato anche il sorbetto alla Pompìa, e funge anche da dessert, il dolce a fine pasto è un ottimo digestivo, ma anche Pompìa e panna cotta.

1.6 La filiera produttiva

La filiera produttiva inizia coi coltivatori, che al momento non hanno iniziato ancora a produrre Pompìa su vasta scala; la produzione per lo più deriva da coltivazioni per uso familiare, esistono solo due coltivatori che vendono il loro raccolto ad esterni, sopratutto pasticcerie e ristoranti della zona. Ultimamente parecchi privati, visto lo sviluppo della diffusione del prodotto hanno provveduto alla piantumazione di nuove coltivazioni ma che ancora non hanno raggiunto i tempi biologici per produrre a pieno regime.
Al secondo posto ci sono gli apicoltori, che forniscono il miele, ingrediente fondamentale per la preparazione dei dolci sopraccitati e caratterizzante per la sua grande qualità.
A proposito vi è da dire che Siniscola ha perso molte persone che un tempo si dedicavano a questa attività, infatti nonostante in passato fossero molto famosi “sos mojaresos” di Siniscola per la qualità del loro miele, che vendevano anche fuori dal circondario, per molti anni questo antico mestiere era stato quasi abbandonato.
Fa piacere che anche qui si stiano facendo dei passi in avanti, in quanto negli ultimi anni si sta recuperando questo lavoro e sono sempre più le persone che mettono arnie e producono miele. Questo fattore è molto importante perché permette alla Pompìa di essere al 100% fatta con i prodotti del territorio, e permette di dare risalto alla tracciabilità della filiera che può essere un punto in più a favore di questo prodotto.
C’è da notare che mediante la valorizzazione della Pompìa possono essere perseguiti obbiettivi diversi, come in questo caso la rivitalizzazione di settori produttivi e di filiere di prodotto, creazione di nuove possibilità d'impresa, mantenimento e sviluppo dell'occupazione e del reddito, potenziamento dell'area rurale nel suo complesso e anche la tutela di risorse genetiche o di agro-sistemi tradizionali(9).

La parte finale della filiera è composto dai trasformatori che nella maggioranza dei casi si occupano della confezione e della commercializzazione dei prodotti derivati, pochissimi sono quelli che vendono ad altri negozi, e questi per la maggior parte si trovano nel continente, e sono per lo più negozi di prodotti tipici sardi o negozi on-line di prodotti tipici.

1.7 I problemi del mercato alla produzione e l'organizzazione
dell'offerta

Il problema principale della Pompìa è la scarsità di offerta di frutti che fino ad ora non hanno conosciuto uno sviluppo significativo per quanto riguarda la coltivazione del frutto.
E’ da tenere in considerazione che il maggior produttore di frutti di Pompìa è il comune che già dal ‘99 ha iniziato la piantumazione adesso è arrivato ad avere 4 ettari coltivati di Pompìa, oltre a questi esistono solo altre due grandi coltivazioni e piante isolate appartenenti a singoli privati.
La Pompìa ha mantenuto invariato il suo sistema di vendita, infatti è l'unico frutto che non si vende a peso ma si vende a dozzine, anche se c'è da dire che fino a poco tempo fa i frutti venivano regalati dalle persone che avevano piante di Pompìa in quanto una pianta si carica talmente tanto di frutti(10) che sono troppi per il fabbisogno familiare.
La domanda rimane in ogni modo molto più grande dell’offerta e non essendoci stati seri investimenti nel campo della coltivazione capita che alla fine del periodo di raccolta, verso marzo sia quasi impossibile trovare i frutti, fatto che dimostra la scarsa sensibilità da parte della comunità nel credere in uno sviluppo coordinato.

(3)La denominazione del fiume Cedrino, l'antico caedrus di Tolomeo, a sud di
Siniscola, richiama la coltivazione del cedro, che abbonda nelle sue sponde
(4)Il Prof. Azara mi ha fornito del materiale frutto di una sua ricerca personale
sulla Pompìa effettuata un paio d'anni or sono, spinto dalla curiosità e dalla
passione che nutre per la sua professione di agronomo.
(5)ANDREA MANCA DELL'ARCA, Agricoltura di Sardegna ,,Ilisso 2000
(6)CHERCHI PABA FELICE, Evoluzione storica dell'attività industriale agricola, caccia e pesca in Sardegna, Cagliari, Fossataro, 1977, vol.3° dominazione spagnola
(7)Milis è uno dei territori storici per quanto riguarda la coltivazione di agrumi
in Sardegna
(8)Dal colore di un’antica moneta d’oro in lega con rame di colore rosso ambrato
(9)Belletti G.(qualità valore e valorizzazione dei prodotti tipici, p.180)
TIPICAMENTE BUONO, concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti
agro-alimentari in Toscana, Francoangeli, Milano, 2002
(10)All'incirca 40 kg per pianta

Capitolo 2 Siniscola, prodotti tipici e sviluppo rurale

2.1 Il territorio e le sue potenzialità

Siniscola è il capoluogo della Baronia, regione situata nella parte centro-orientale della Sardegna. Il paese sta assumendo un ruolo sempre più dominante grazie alla presenza di attività amministrative di rilievo e alle attività commerciali. La città manifesta oggi una notevole capacità di attrazione nei confronti dei paesi vicini, in quanto si trova al centro di un'asse stradale che la pone al centro di vie di comunicazione lungo la direttrice Nuoro–Olbia. Il centro figura tra i più popolati della Provincia di Nuoro, insieme al capoluogo e a Macomer. La popolazione è oggi in continua crescita e si attesta intorno ai 12.000 abitanti residenti, con oscillazioni che risentono di continui cambiamenti e di importanti trasformazioni demografiche. Siniscola, da centro di emigrazione iniziata negli anni '50 e '60 per il centro Europa, sta diventando sempre più un centro multietnico, luogo di immigrazione per molti lavoratori extracomunitari. Si tratta di un dato in costante crescita e di un fattore positivo denso di implicazioni sociali e economiche.
Le attività economiche di Siniscola si presentano in un quadro complesso che manifesta continue trasformazioni rispetto al passato e che condizionano visibilmente la conformazione del paesaggio e delle attività lavorative. Le attività prevalenti consistono: nell’allevamento, lavorazione di prodotti caseari, attività estrattiva, artigianale, portuale e pesca. La sua maggiore attività artigianale è rappresentata dalla lavorazione della terracotta, resa possibile sin dall’antichità grazie a un sottosuolo particolarmente ricco di argilla rossa, con la quale anche una piccola industria locale fabbricava laterizi. Attualmente alcune imprese a conduzione familiare producono oggetti di ottima fattura. Il substrato di tipo agro pastorale vanta ancora una forte tradizione insieme a una cospicua serie di capi di bestiame ovini, caprini e bovini. Importanti sviluppi si riscontrano nel sistema di tipo terziario, caratterizzato dai servizi sociali e amministrativi, dalla diversità del lavoro e da una forte impronta determinata dal turismo. Questo settore appare in costante crescita ed è caratterizzato, in particolare modo, dalla presenza di seconde case, di attività agrituristiche e dall'ospitalità diffusa dei bed and brekfast. Il territorio comunale è molto vario, comprende 33 km di coste tra i quali la famosissima spiaggia di Berchìda(11), le dune di Capo Comino, il borgo caratteristico di Santa Lucia, e la frazione di La Caletta dove c'è un moderno porto turistico che fa anche da base ad una flotta peschereccia tra le più importanti dell'isola. Oltre al mare Siniscola annovera tra le sue doti pure la montagna, il paese infatti è situato sotto l'imponente Mont'Albo, massiccio calcareo che tocca quota 1127 metri di altitudine, il quale è ricco di sorgenti, grotte, percorsi naturalistici, tracciati per climbing. Il territorio di Siniscola è ricco di valenze naturalistiche, paesaggistiche, storiche e culturali di grande pregio cosi come è forte l'identità ed il senso di appartenenza della popolazione. Inoltre, la tradizione prevalentemente agro-pastorale dell'area garantisce la qualità dei prodotti enogastronomici e dei manufatti artigianali. Questi fattori costituiscono da sempre punti di forza del territorio ed elementi di attrazione turistica. Tuttavia l'assenza di strategie di promozione e valorizzazione concertate e condivise, la carenza di servizi e di professionalità specifiche non hanno ancora permesso lo sfruttamento(12) di tali valenze. Sviluppando le possibili sinergie tra i vari soggetti del territorio si potrebbero costruire tanti percorsi anche gastronomici che coinvolgerebbero le aziende agricole, quelle agroalimentari, agrituristiche, casearie e pure di ristoro. Siniscola avrebbe tanto da offrire in quanto oltre alla Pompìa possiede tanti prodotti tradizionali, e anche altri piatti tipici che ancora sono poco conosciuti, a causa di un problema di fruibilità, infatti possono essere consumati, solo appena preparati, in quanto il piatto è soggetto a un rapido deterioramento, per esempio possiamo citare il caso di “Sa suppa siniscolesa”, un primo esclusivo di Siniscola, molto apprezzato da tutti coloro che ne hanno avuto a che fare, ma che vive la situazione identica della Pompìa antecedente la valorizzazione. La speranza è che siano gli stessi depositari di questi usi e tradizioni a sfruttare questa possibilità e in un qualche senso siano loro a compiere quello che sarebbe il loro dovere sia nei confronti di se stessi che degli altri., permettendo così una crescita in termini di cultura gastronomica ma anche di attrattività e offerta del territorio.

2.2 Definizione di territorio rurale e di sviluppo rurale

Per territorio rurale intendiamo un'area a bassa densità demografica, in cui ha luogo un'economia mista, cioè caratterizzata dall'agricoltura, dall'industria e da altre attività economiche (per es. artigianato, PMI, turismo) che tendono ad integrarsi ed a mantenersi in equilibrio accettabile con l'ambiente naturale.
La caratteristica che contraddistingue il territorio rurale è l'equilibrio delle componenti; in effetti la prevalenza di un elemento su tutti gli altri comprometterebbe la natura rurale.
Facendo riferimento alla definizione di mondo rurale sopra enunciata è possibile dare una definizione più moderna di sviluppo rurale che si differenzia dalla concezione che si aveva in passato(13), infatti il concetto moderno, concilia le regole a tutela dell'equilibrio e della stabilità del mondo rurale con quelle del mercato.
Il moderno sviluppo rurale può essere definito come un processo di cambiamento innovativo ma allo stesso tempo conservativo, che migliora la vita della comunità rurale, e della società cui essa appartiene, con azioni sostenibili, endogene e locali di animazione, riproduzione, integrazione e crescita dell'economia rurale del territorio, progettate, intraprese e controllate dalla stessa comunità locale(14) in collaborazione con le Istituzioni e gli enti preposti.

2.3 La politica di sviluppo rurale dell'Unione Europea

Nei prossimi anni il settore agricolo europeo è chiamato ad affrontare una nuova serie di sfide che vanno dall'evoluzione dei mercati agli accordi commerciali internazionali, alle nuove preferenze dei consumatori, al nuovo scenario conseguente l'ampliamento ad est della Unione Europea. Sfide che impongono la definizione di principi ed obiettivi chiari per la politica di sviluppo rurale, e tentare di rispondere concretamente a queste sfide, la riforme succedutesi nel tempo assegnano alla nuova politica di sviluppo rurale, l'obiettivo di realizzare un contesto coerente e durevole, che garantisca il futuro delle zone rurali e che favorisca la salvaguardia e la creazione di posti di lavoro.
Sotto questo profilo, le riforme indicano chiaramente la duplice direzione da seguire. Da una parte, l'agricoltura dovrà essere sempre più competitiva sui mercati e fare progressivamente a meno dei sostegni. Dall'altra parte la politica agricola europea premierà sempre di più i comportamenti virtuosi dell'impresa agricola e del territorio rurale dove essa opera in integrazione con le altre componenti socio-economiche, e quindi la sua capacità di essere multifunzionale.
Il percorso effettuato finora in Europa mostra che lo sviluppo rurale è qualcosa di più e di diverso dal semplice sviluppo agricolo, in quanto ingloba uno spazio, quello rurale appunto, dove l'agricoltura è spesso, ma non sempre, al centro del sistema socio economico, ma sul quale insistono attività differenti, con funzioni e obiettivi diversificati, tutti da integrare e coordinare in un ottica di sviluppo coerente e sostenibile.
Alla luce di tale evoluzione, sono sette i principi chiave ai quali oggi si ispira la nuova politica di sviluppo rurale e ai quali è chiamata ad ispirarsi nel futuro:

1.La multifunzionalità: questo principio, richiama la necessita di remunerare gli imprenditori agricoli non solo per l'attività primaria che essi svolgono, vale a dire la produzione di beni agricoli e alimentari, ma anche per i servizi che gli stessi sono in grado di offrire alla società in termini di beni pubblici, quali la tipicità, la salvaguardia dell'ambiente, del paesaggio agrario e delle tradizioni rurali.
Il concetto di multifunzionalità in agricoltura non è di facile definizione. Tuttavia esso rappresenta la strada per continuare a giustificare il sostegno che la collettività è disposta a concedere agli agricoltori nel nuovo patto sociale. Perché tale patto si realizzi e necessario che gli agricoltori producano, da imprenditori, oltre a prodotti che possano essere venduti sul mercato come beni privati, e che questi remunera, anche altri prodotti e servizi(15) che il mercato non remunera e che, dunque, rendono necessaria una remunerazione a carico della società.

2.L'approccio plurisettoriale: significa perseguire un obbiettivo di rafforzamento dell'economia rurale nel suo complesso, attraverso la creazione di nuove fonti di reddito, lo sviluppo dei servizi rurali e la conservazione dello spazio naturale. In sostanza, si tratta di mettere in campo un approccio di tipo integrato che metta in relazione tutti i settori, non solo, quindi quello agricolo, operanti nel territorio.

3.L'efficienza: la politica di sviluppo rurale deve attuarsi attraverso programmi strategici integrati e di lungo periodo, in grado di indirizzare al meglio gli strumenti finanziari, fisici, umani, verso il perseguimento degli obbiettivi prefissati. L'efficienza richiama la necessità di una buona programmazione, quindi, la necessità di disporre di valutazioni ex ante, in itinere ed ex post, in grado di offrire risposte adeguate sugli impatti attesi e realizzati, sulle capacità gestionali dell'autorità oltre che sul partenariato socio economico.

4.La semplificazione: questo principio richiama l'imprescindibilità di una normativa accessibile e certa nel tempo, con interventi anche sul piano procedurale e delle regole.

5.La flessibilità: rendere flessibile la programmazione significa articolarla in un ventaglio di misure di intervento integrato e di obbiettivi prioritari adattabile alle esigenze dei territori rurali dell'Unione. Il principio della flessibilità non deve però tradursi in “non scelte” da parte delle autorità chiamate a redigere i programmi di sviluppo rurale. Piuttosto, l'ampio ventaglio di misure deve essere intelligentemente utilizzato in funzione delle reali esigenze del territorio e in un politica di sviluppo integrato.

6.La sussidiarietà: il principio di sussidiarietà implica un forte decentramento programmatico e gestionale a vantaggio degli utenti finali del territorio rurale. Ma la sussidiarietà richiama anche l'esistenza di un partenariato orizzontale e verticale, presente e attivo in tutte le fasi che vanno dalla programmazione, alla gestione, al monitoraggio, e alla valutazione dei piani di sviluppo rurale.

7.la trasparenza: il principio è richiamato quale elemento di fondo nell'elaborazione e nella gestione dei programmi di sviluppo rurale. Esso si realizza attraverso un percorso di programmazione, gestione e monitoraggio che coinvolga tutti i soggetti interessati.

I modelli di sviluppo rurale per essere il più possibile concretizzabili devo essere sviluppati con un approccio bottom up(16) in base alle risorse disponibili a livello locale, come la conoscenza e la professionalità.
Lo sviluppo rurale sostenibile è un modello di sviluppo basato sulla valorizzazione della ruralità intesa come coordinazione fra attività agricole, paesaggio, ambiente, turismo e altre risorse e attività proprie del mondo rurale.
L'orientamento verso uno sviluppo rurale di qualità richiede investimenti specifici sia di tipo individuale che collettivo, materiali e pure immateriali;
prima ancora richiede un cambiamento di prospettiva, di strategia e di logiche operative da parte delle imprese e degli altri attori operanti sul territorio. Tale mutamento è tanto più profondo quanto più l'orientamento verso lo sviluppo rurale di qualità rappresenti una discontinuità rispetto ai percorsi di sviluppo individuali e collettivi in atto.

2.4 Il ruolo del prodotto tipico nello sviluppo rurale

Il ruolo del prodotto tipico è di fondamentale importanza nello sviluppo rurale del territorio in quanto rappresenta una peculiarità che non si trova in altri posti e che rendono un territorio diverso dagli altri. Se vengono implementate e trasmesse agli altri queste caratteristiche; promuovendo e associando il prodotto col territorio, si potrebbe redigere anche un piano di valorizzazione del prodotto che attraverso varie attività strategiche porterebbe a un circolo vizioso che remunererebbe tutte le risorse impiegate e in questa maniera contribuirebbe allo sviluppo dell'economia rurale del territorio nella sua più ampia accezione.

2.4.1 I valori del prodotto tipico

Il prodotto tipico non è solo un alimento, piuttosto è il frutto di una secolare tradizione radicata in un determinato luogo, connotato da specifiche risorse naturali e culturali. E' il complesso risultato dell'elaborazione di generazioni ed ha molto da raccontare sulla storia e sulle vicissitudini che si sono susseguite nel luogo da cui proviene. Sarebbe più giusto definire il prodotto tipico come un prodotto territoriale ben definito, poiché in esso possiamo ritrovare ed assaporare aspetti inerenti la vita socio-culturale di un territorio. In realtà è lo stesso territorio la vera specificità che rende ineguagliabili i prodotti tipici, vanificando ogni comparazione con quelli non tipici; in quanto anche se questi saranno di ottima fattura, non porteranno mai con loro il timbro della storia e della cultura di un certo luogo, poiché privi di quel mix di risorse locali proprie solo di quel territorio. Le risorse locali possono essere divise in quattro categorie, che sono: il capitale naturale, il capitale culturale, il capitale umano e anche il capitale sociale.
“Fanno parte del capitale naturale le razze e le varietà autoctone, il paesaggio, la qualità dell'aria e dell'acqua, la fertilità dei suoli, particolari microclimi. Nel capitale culturale invece troviamo monumenti, reperti storici, ricette tradizionali, stili di vita,prodotti artigianali e tecniche di produzione. Il capitale umano è dato dalle capacità presenti negli individui: conoscenza di fenomeni naturali e dei meccanismi ecologici, arti e mestieri, capacità di organizzazione e comunicazione. Infine, il capitale sociale è il potenziale di azione collettiva legato a reti locali (famiglia, vicinato, associazionismo).”[Belletti 2006]

Ciascuna delle risorse qui sopra considerate deriva da una complessa interazione nel tempo tra il territorio e la comunità locale, cosi come la loro salvaguardia dipende dalla capacità di mantenere un equilibrio tra innovazione e conservazione. Il territorio contribuisce in primo luogo alla specificità del prodotto in quanto questo deve le sue particolarità alle caratteristiche materiali come quelle ambientali (composizione dei terreni e micro-climi) e immateriali come quelle culturali (usi e tradizioni del posto) che fanno si che il consumatore apprezzi oltre alla bontà del prodotto, una serie di attributi intrinsechi dati dalle caratteristiche del territorio creando quella maggiore soddisfazione che si ha dal consumo del prodotto tipico. Mediante la valorizzazione i produttori dovrebbero evidenziare al consumatore la pluralità degli attributi posseduti dal prodotto stesso, e far maturare in esso una disponibilità a pagare le qualità del prodotto, puntando sulla specificità ed unicità dello stesso. Riuscendo a veicolare queste qualità, accompagnate dai valori che rappresentano nell'insieme, nella mente del consumatore si riesce già a dare un maggiore valore economico al prodotto. Inoltre il consumatore può usufruire mediante l'acquisto di alcuni servizi, di altre attività complementari a esso collegate come la ristorazione locale, la visita a musei o ai siti produttivi. Insomma il valore che può essere creato dal prodotto tipico va al di là della remunerazione che ha lo stesso sul mercato, ma questo valore può essere accresciuto e moltiplicato se si riesce a impostare in maniera adeguata l'intorno ossia ciò che gli si costruisce e si offre insieme al prodotto, da questo ne potrebbe derivare anche una maggiore promozione del territorio nel suo complesso.

2.4.2 Cosa intendiamo per valorizzazione
Nel caso di un prodotto tipico il concetto di valorizzazione è abbastanza articolato e può essere visto da varie angolature. La valorizzazione di un prodotto è un insieme di attività, tanto di tipo strategico che operativo, orientate a migliorare la creazione di valore del prodotto agendo su due diversi fronti: quello dell'attribuzione del valore da parte del consumatore e della società, e quello dell'efficacia dei processi di produzione da parte del sistema delle imprese. Queste attività sono svolte sia da agenti economici (imprese), sia da agenti non-economici (quali amministrazioni pubbliche e associazioni), interessate in particolare al fatto che le risorse utilizzate per la produzione del prodotto siano adeguatamente remunerate e possano così anche riprodursi.[Belletti 2006]
Inoltre per una piena valorizzazione bisogna tenere conto degli elementi di specificità dei prodotti tipici come il legame con il territorio, l'importanza delle risorse specifiche dello stesso nel processo produttivo. Tocca pensare anche al carattere collettivo della valorizzazione derivante dal coinvolgimento di una pluralità di produttori, spesso tra loro eterogenei per quanto concerne obiettivi perseguiti, capacità, dimensioni economiche, accesso ai mercati. Inoltre molto importante è anche il legame con la comunità locale in quanto la valorizzazione di un prodotto tipico, oltre alle imprese ivi impiegate in primo piano, interessa sotto tanti aspetti la società e la popolazione locale.

2.5 Il processo di valorizzazione e le aree strategiche

La valorizzazione deve essere pensata e concepita come a un processo formato da una pluralità di azioni e attività, risultanti da una strategia degli attori interessati al prodotto tipico, e che mira a connettere il sistema produttivo e le altre risorse del territorio ad esso collegate con le esigenze
dei consumatori(17) e, in generale, con le attese della società. Quando si pensa a un piano strategico di valorizzazione di un prodotto tipico dobbiamo scegliere le iniziative da portare avanti e gli strumenti più opportuni per arrivare a concretizzare il piano stesso.
In primis tocca pensare al fatto che il prodotto tipico è riconosciuto dai consumatori come unico, diverso dagli altri prodotti, questa differenza è il maggior vantaggio competitivo che ha. La diversità rende infatti riconoscibile il prodotto e induce al desiderio di conoscerlo, sperimentarlo e apprezzarlo, ne aumenta anche il valore in quanto non si può sostituire con altri prodotti. La sua diversità dipende in gran parte dal modo con cui le risorse originali del territorio vengono impiegate nel processo produttivo. Con la valorizzazione, la costruzione del prodotto tipico diventa un processo consapevole, attuato da un insieme di soggetti che reinterpreta la tradizione e la storia produttiva del prodotto alla luce della propria situazione attuale e in funzione di una propria strategia(18).

2.6 Gli obbiettivi e gli strumenti di valorizzazione

Nel caso della Pompìa vi è da dire che la sua valorizzazione non coinvolgerebbe solo le imprese impiegate in esso, ma interesserebbe tutta la comunità in quanto porterebbe dei benefici generali. La valorizzazione oltre a consentire il mantenimento della tradizione, contribuirebbe anche alla remunerazione delle risorse endogene al territorio che sono coinvolte nel sistema produttivo del prodotto, e in questo modo si garantirebbe pure la preservazione del sistema socio-economico-ambientale che genera il prodotto tipico stesso. Insomma l'obbiettivo più ambizioso sarebbe quello di rivalutare il ruolo dell'agricoltura rendendola capace di attrarre l'investimento di nuovi capitali e risorse che portino a un rinnovo generazionale che coinvolga in prima persona i giovani a riavvicinarsi a questo mondo, che nelle nostre parti viene sempre più abbandonato col rischio di perdere la padronanza dei saperi e dei luoghi e lo sfaldamento pure del tessuto sociale, in quanto le nuove generazioni allontanandosi dalle campagne rischiano di non avere nessuna possibilità di riscattare sia loro stessi che il territorio. Gli obbiettivi che si vogliono perseguire attraverso la valorizzazione sono tanti, ma prima di iniziare a pensare in grande, a obiettivi difficilmente conseguibili nel breve periodo, tocca formare una base condivisa tra gli attori locali affinché ci si muova coordinatamente unendo gli sforzi per avere una maggiore incisività.

(11)Spiaggia più bella d'Italia nel 2008 secondo la classifica stilata da
Legambiente all'interno del concorso “La più bella sei tu”
(12)Per sfruttamento si intende sempre un utilizzo equo e sostenibile delle risorse.
(13)Il tradizionale concetto di sviluppo rurale vedeva nell'adesione del mondo
rurale alle regole di mercato la condizione indispensabile per la sua crescita
economica, anche a costo di romperne l'equilibrio e la stabilità.
(14)Riunita in qualche forma associativa o consortilistica, di modo che ci sia un
progetto con delle linee generali precise e condivise.
(15)Beni pubblici
(16)L'approccio bottom up richiede l'attuazione di una politica di sviluppo rurale che sia realmente in grado di coinvolgere tutti gli attori del territorio rurale interessato
(17)Quindi devono essere dotati anche di una certa flessibilità nel far fronte al
cambio di preferenze da parte dei consumatori
(18)Per maggiori approfondimenti a riguardo consultare la “Guida per la
valorizzazione dei prodotti agroalimentari tipici” ARSIA 2006




3 Sa Pompìa oggi: inquadramento della situazione attuale


3.1 Prima della riscoperta

Fino a un decennio fa, il dolce della Pompìa era conosciuto, prodotto e consumato solo in stretto ambito locale ed era difficilissimo reperirlo in commercio in quanto solo poche persone lo preparavano e per uso strettamente familiare. E’ sul finire degli anni 90 che ha iniziato a sorgere la curiosità di tante persone estranee al contesto locale, che accidentalmente avevano mangiato la Pompìa in casa di qualche amico siniscolese, e chiedevano dove poter comprare la Pompìa in quanto dopo averla degustata ne erano rimasti conquistati. Questi difficilmente venivano soddisfatti, in quanto al tempo era quasi impossibile trovare qualcuno che la vendeva, al massimo veniva regalata o scambiata per qualcos'altro in quanto non si era stati mai abituati a vendere Pompìa perché ognuno la preparava per se e a suo gusto.
Non si era mai pensato che da questo prodotto potesse nascere quell'attenzione che gli viene rivolta oggi, eppure recentemente qualcosa è cambiato anche probabilmente come effetto conseguente alla globalizzazione che (con tutta l'omologazione di cibi e sapori che ci ha portato) involontariamente ha fatto apprezzare maggiormente, con un aumento del valore percepito (agli occhi dei consumatori), tutti quei prodotti che si discostano dalla logica più pura di mercato e dalle produzioni di beni su scale industriali che troviamo in qualunque nazione, che rendono uguale ogni parte del mondo, e tolgono quel piacere che si ha nel scoprire usi, cucina e tradizioni dei posti che si visita.

3.2 La riscoperta di Sa Pompìa

Già dal 1999 la Pompìa è ritornata a popolare la campagna siniscolese grazie ad un progetto sociale. Infatti il comune insieme alla ex U.S.L. e i comuni di Posada, Lodé, Torpé, Budoni e San Teodoro ha elaborato un progetto regionale per l'inserimento sociale dei ragazzi ospitati nel centro di igiene mentale di Siniscola.
Lo scopo finale era la creazione di una cooperativa autonoma di tipo B, ossia formata da persone diversamente abili e persone normodotate. Durante il primo anno di attività è stato impiantato a Pompìa un campo di un ettaro, coltivato dai ragazzi, nel secondo anno si è provvisto al mantenimento del primo terreno e alla piantumazione di altri tre ettari e mezzo in un'altra località e nel terzo anno i ragazzi oltre a lavorare i campi hanno provveduto al raccolto dei primi frutti.
Il progetto si è poi interrotto per un periodo in quanto sono mancati i finanziamenti necessari per portare avanti l'iniziativa, ma ora è ripreso anche se ancora non funziona come potrebbe.
Sempre in quegli anni la Pompìa ha iniziato a fare le sue prime apparizioni nella televisione(19), e pure sulla carta stampata ma il vero e proprio rilancio della Pompìa avviene nel 2004 quando grazie al progetto Equal, un programma di Iniziativa Comunitaria (che ha avuto due fasi di progettazione e realizzazione) si è pensato di istituire il presidio della Pompìa.
L'obiettivo generale del progetto era di fornire un supporto consulenziale alle imprese e individuare strumenti innovativi per la valorizzazione delle risorse del territorio.
Il Villaggio delle Imprese era la struttura operativa del progetto "Innovazione e Tradizione" realizzato in Provincia di Nuoro nell'ambito di Equal I fase. Questo aveva un ufficio a Nuoro, e uno sportello fisso a Sorgono, la squadra di lavoro era composta da due coordinatori, e un gruppo di tecnici che organizzavano sportelli "volanti" in tutti i comuni del territorio coinvolto.
L'innovazione era intesa nel senso che intende la programmazione europea: non in senso assoluto, ma in senso relativo, cioè rispetto a ciò che c'è sul territorio.
Le azioni ritenute innovative sono state 4, di cui 3 ancora attive, tra queste il supporto alla costituzione del Consorzio Shardana a Bitti, la costituzione del Consorzio Archeoetnos tra cooperative e società che gestivano siti archeologici e musei locali nel territorio del progetto, e infine il presidio della Pompìa.
L'idea del presidio è venuta ad alcuni membri di Slow Food, che erano coinvolti come coordinatori del progetto Equal, in particolare alla dott.ssa Anna Sulis e al fiduciario di Nuoro.
In uno dei miei sopralluoghi ho avuto modo di incontrare la dott.ssa Sulis che mi ha raccontato: “Ho seguito io direttamente le prime fasi. Una volta individuata la possibilità di creazione del presidio abbiamo cominciato a coinvolgere e a sensibilizzare le aziende e poi si sono cercati i soldi per la costituzione del presidio. Un costo di questo genere infatti non era tra i costi ammissibili dal progetto. Il comune di Siniscola si è rivelato l'ente più interessato a sostenere il progetto. Si era provato anche con la Comunità Montana, ma a loro non importava nulla. Il costo di un presidio, quello che veniva pagato a Slow Food, serviva per pagare le spese di costituzione, e alcuni servizi, tra cui la partecipazione gratuita alla prima manifestazione nazionale raggiungibile, nel caso della Pompìa, il Salone del Gusto.”

3.3 La nascita del presidio Slow Food

Il 18 agosto 2004 è la data da dove tutto ha inizio: per quel giorno era stata convocata una riunione aperta agli interessati, dove era stato firmato per adesione un protocollo d'intesa al fine della costituzione di un'associazione finalizzata alla tutela del prodotto tradizionale “Pompìa” derivato dalla trasformazione del frutto omonimo. Tale giorno presso la sede del municipio di Siniscola prese corpo un comitato avente le seguenti finalità:

1 Costituzione di un'associazione di tutela del prodotto tipico siniscolese
“Pompìa” in tutte le fasi del processo produttivo.
2 Stesura del disciplinare di produzione che sarà oggetto di tutela da parte del
costituendo presidio Slow Food;
3 Organizzazione della partecipazione degli aderenti al Salone del Gusto che si sarebbe tenuta a Torino dal 21 al 25 Ottobre 2004

Al comitato potevano aderire:
Enti pubblici territoriali aventi tra i propri scopi istituzionali la promozione del territorio e dei suoi prodotti tradizionali;
Enti, società e/o associazioni private aventi tra i scopi istituzionali la promozione del territorio e dei suoi prodotti tradizionali;
Aziende, enti ed operatori economici in generale che hanno fra le proprie attività la coltivazione, la trasformazione, la commercializzazione, e/o la somministrazione della Pompìa;
Privati cittadini interessati alla conservazione della tradizione agroalimentare siniscolese, in particolare alla conservazione della produzione della Pompìa.

L'adesione al comitato era aperta a tutti i soggetti sopra menzionati senza vincolo di tempo. Il comitato cessava di esistere in seguito alla costituzione dell'associazione di tutela.
Le premesse erano buonissime e c’è da notare che l'amministrazione ha fatto il suo dovere nel raccogliere questa opportunità anche se l'associazione è stata formalizzata solo nell'agosto 2008, ossia 4 anni più tardi.

Il 19 agosto 2004 ossia il giorno dopo la costituzione del comitato arriva la delibera (n°120) della giunta comunale di Siniscola, la quale approvava la sottoscrizione del contratto con Slow Food. Per rendere più chiaro il percorso, anche a livello di politiche sul territorio, ritengo importante riportare alcune parti significative della delibera con il quale è nato il presidio Slow Food “Sa Pompìa”, il primo della Baronia e il quinto in ordine cronologico in Sardegna.(20)

LA GIUNTA COMUNALE
Premesso che:
il ministero delle Politiche agricole ha stipulato un accordo con Slow Food Italia per la realizzazione del programma di istituzione e gestione dei Presidi Slow Food relativamente all'organizzazione, alla consulenza, al coordinamento e all'avvio di una prima fase di promozione per i Presidi che verranno realizzati al Salone del Gusto;
è stata costituita la fondazione Slow Food per la biodiversità – ONLUS il cui fine è sostenere e diffondere la cultura della biodiversità come fattore di crescita umana, civile e democratica, tutelare il diritto personale al piacere ed al gusto favorendo la costituzione di un armonico rapporto con la natura nel rispetto delle tradizioni e dell'identità economica, gastronomica ed agroalimentare del territorio di ogni singolo paese;
Slow Food ha riconosciuto il presidio denominato Pompìa e si è impegnata a inserirlo nel sistema dei Presidi con un importante attività di carattere promozionale che prevede:
la partecipazione dei produttori al salone del gusto di Torino (21/25 ottobre 2004);
la realizzazione di 5 mila depliant sulla Pompìa;
l'inserimento della scheda sul sito internet dei presidi;
l'inserimento del presidio Pompìa sul libro “L'Italia dei Presidi”;
un'indagine sul territorio per raccogliere i dati e le informazioni necessarie alla stesura di un disciplinare di produzione (visita delle realtà produttive, degustazione comparate dei prodotti, interviste ai produttori );
l'identificazione di eventuali incompatibilità del processo produttivo con la normativa alimentare vigente e del relativo percorso per la soluzione dei problemi;
l'assistenza necessaria alla costituzione di un'associazione di produttori e alla conseguente realizzazione di una iniziativa collettiva per la tutela con l'eventuale costituzione di un marchio collettivo.

Ritenuto che il Presidio Pompìa in collaborazione con Slow Food Italia, sia ottimo veicolo di promozione, valorizzazione e tutela del frutto “Sa Pompìa”, che rappresenta una caratteristica importante del Comune di Siniscola,

Rilevato che il costo da sostenere, pari a euro 7.000 + IVA, sia congruo rispetto e alle prestazioni che dovranno essere rese nonché ai benefici che questa Amministrazione ritiene di ottenere;

Acquisiti, ai sensi del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, i pareri e le attestazioni ivi previste che si riportano in calce al presente provvedimento;

Con votazione unanime
DELIBERA
1di aderire, per le motivazioni indicate in premessa, al progetto Slow Food;
2di approvare l'allegato schema di accordo di collaborazione;
3di demandare al Responsabile del Servizio Attività socio educative – culturali, sport, turismo e spettacolo l'adozione degli atti necessari e conseguenti, ivi compreso la stipula del contratto;
4di imputare la complessiva spesa di euro 8.400 (7.000+ I:V:A: al 20 per cento) al cap. 1330 del Bilancio 2004.



3.4 Il ruolo dell'amministrazione comunale

Il ruolo dell'amministrazione comunale è stato fin dal principio di primissimo piano, in quanto ha messo le risorse economiche per creare il presidio Slow Food. L’intenzione da essa perseguita era che il Comune cogliesse un’opportunità da trasmettere agli operatori locali, poiché non potendosene occupare come ente e allo stesso tempo imprenditore ha fatto in modo che gli imprenditori potessero fare la propria parte. Così, dopo aver costituito il presidio, con lo scopo e l’intenzione di cederlo ad un consorzio di produttori, c’è stata una fase di coinvolgimento delle persone tramite avvisi pubblici, a seguito del quale le persone che hanno raccolto l'invito (pochissime rispetto all'importanza del progetto) si è formato un comitato, dove all'interno vi erano gli attuali membri del presidio.
Nonostante l’impegno dell’amministrazione e la formazione del presidio di Siniscola c’è da dire che tuttora nonostante la presenza di produttori e trasformatori del prodotto, il comune rimane l’unico grande produttore del frutto. Ciò significa che in quattro anni dalla creazione del presidio non c’è stata una risposta coerente da parte dei coltivatori e produttori, forse anche a causa del periodo di crisi economica che attraversa il territorio, ragione per cui molte persone aspettano periodi migliori per investire risorse proprie nella coltivazione su larga scala della Pompìa.

Oltre alla costituzione del presidio, il consiglio comunale ha emesso nuove delibere a favore della salvaguardia e valorizzazione della Pompìa: in data 29/09/2004 è stato istituito l'albo comunale delle DE.CO ( denominazione comunale d'origine)in modo da mettere un tassello in più che rafforzi, documenti e incentivi la promozione del prodotto. Per un’informazione più esaustiva allego parte della delibera:


IL CONSIGLIO COMUNALE

Dato atto che questo comune intende garantire, attraverso l'adozione del presente regolamento, la valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali presenti in questo territorio;
Che quest'intendimento trova il suo riscontro in esigenze di certezza e, sopratutto, di tutela di prodotti, che per loro natura, si sviluppano in realtà climatiche particolari e che per la loro specificità rivestono interesse economico e sociale;
Che occorre garantire ogni forma d'intervento a sostegno dei prodotti agroalimentari che per loro tipicità sono motivo di interesse pubblico e meritevoli di riconoscimento protettivo al fine rilascio di un marchio De.Co che ne attesti l'origine del prodotto oltre alla sua composizione.
Che è necessario istituire un apposito albo in cui vengono iscritte tutte le segnalazioni afferenti alle iniziative e manifestazioni riguardanti le attività e le produzioni agroalimentari che a motivo delle loro caratteristiche e dell'interesse culturale delle stesse destato, sono meritevoli di particolare attenzione e rilevanza pubblica, istituendo altresì , un registro De.Co per tutti i prodotti segnalati e denominati
Considerato che la valenza De.Co ha una portata culturale ed economica poiché si inserisce nella promozione e nello sviluppo del territorio con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro;
acquisito ai sensi dell'art. 49 del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, il parere in ordine alla regolarità tecnica che si riporta in calce alla presente;

Preso atto dell'esposizione dell'assessore Fronteddu e degli interventi dei consiglieri Trunconi, Mele, Carta Piero, Stara, Murgia, Celentano, Carzedda e Mulargia;
DELIBERA

Di approvare il regolamento comunale, per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali locali e l'istituzione della De.Co. Che, composto da n.13 articoli, è parte integrante e sostanziale della presente deliberazione.

Un nuovo impegno da parte del Comune e allo stesso tempo una grande opportunità che si prospetta è data dallo sviluppo del progetto “Caminos de Preta” percorso ideato e voluto dall'Unione dei Comuni comprendente i paesi di Siniscola, Posada, Torpè, Lodé, Lula, Osidda, Bitti. E' stato presentato un progetto di rete chiamato per l'appunto Caminos de pretas che mirerebbe all'istituzione di un distretto turistico integrato, con lo scopo di formare tramite delle “case del parco” presenti all'interno dei vari comuni una rete che proponga un’offerta turistica più completa e complementare.
In sintesi è possibile affermare che si sta attivando una sinergia tra i vari paesi al fine di renderli tutti più organizzati e più appetibili nei confronti del turismo.

3.4.1 Le iniziative da loro svolte

Il comune oltre alla copertura economica delle spese per l'inizio di questa scommessa, si è ritirato dal ruolo di primo piano che aveva, ha proseguito la sua politica di intervento patrocinando alcune manifestazioni culturali, dove era presente anche la Pompìa, in collaborazione con alcune associazioni del paese, ma per quanto riguarda il lato propositivo e di indirizzo, successivamente non ha fatto più sentire la sua voce ed è rimasto in disparte, ha solo appoggiato iniziative che molto sporadicamente sono state organizzate.

3.4.2 Le aspettative, interessi e obiettivi

L'amministrazione si aspettava che l'occasione lanciata dal Comune col finanziamento del presidio fosse raccolta dai siniscolesi e che ben presto si sarebbe incrementata la diffusione della coltivazione della Pompìa. Infatti era auspicabile che partendo dai trasformatori che utilizzavano le poche risorse disponibili immettendole nel mercato, nascesse l'esigenza di creare un offerta maggiore di materia prima e disponibile, quindi creare una maggiore diffusione, e una migliore commercializzazione del prodotto.
L’aspirazione del Comune, in sintesi era quella di fare leva sul prodotto tipico, quindi associare la Pompìa al nome di Siniscola, con tutte le implicazioni che sarebbero potute derivare nel senso di promozione e valorizzazione del territorio, oltre che della creazione di nuova occupazione, che partiva dalla coltivazione alla trasformazione fino alla commercializzazione del prodotto.

Questo ancora non è avvenuto ma sicuramente non è ancora troppo tardi per rimediarvi. Fino ad ora è mancato un maggior spirito di collaborazione che potesse portare a un risultato più concreto e condiviso. Come precedentemente accennato chi ha impiantato più ettari di coltivo è stato proprio il Comune, con il progetto dei servizi sociali, sicuramente come dire non c'è stata grande coesione all'interno del gruppo, e come succede spesso in queste cose si iniziano a creare delle “correnti” all'interno dei gruppi, e magari quando una persona che in buona fede vuole lavorare e vuole dare la propria disponibilità; anche il proprio sapere in favore degli altri, viene visto come qualcuno che vuole usurpare qualcosa e si cerca di “tagliargli le gambe”, quindi il risultato che si ottiene alla fine e quello che si blocca tutto, e la tanto sospirata valorizzazione rimane incompiuta, più che altro bloccata, più o meno la situazione che attraversa attualmente.

3.5 Cos'è Slow Food

Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food è diventata nel 1989 una associazione internazionale. Nata a Bra, nel cunese oggi conta 86 000 iscritti, con sedi in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Francia, Giappone, Regno Unito (in ordine di costituzione) e aderenti in 130 Paesi. Da un'idea di Slow Food è nata Terra Madre, il meeting mondiale tra le Comunità del Cibo, che giungerà nell'ottobre 2008 alla sua terza edizione.
Slow Food significa dare la giusta importanza al piacere legato al cibo, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio.
Slow Food afferma la necessità dell'educazione del gusto come migliore difesa contro la cattiva qualità e le frodi e come strada maestra contro l'omologazione dei nostri pasti; opera per la salvaguardia delle cucine locali, delle produzioni tradizionali, delle specie vegetali e animali a rischio di estinzione; sostiene un nuovo modello di agricoltura, meno intensivo e più pulito.
Slow Food, attraverso progetti (Presidi), pubblicazioni (Slow Food Editore), eventi (Terra Madre) e manifestazioni (Salone del Gusto, Cheese, Slow Fish) difende la biodiversità e i diritti dei popoli alla sovranità alimentare.
La rete degli 86 000 associati di Slow Food è suddivisa in sedi locali - dette Condotte in Italia e Convivium nel mondo, coordinate da un Convivium leader - che si occupano di organizzare corsi, degustazioni, cene, viaggi, di promuovere a livello locale le campagne lanciate dall'associazione, di attivare progetti diffusi come gli orti scolastici e di partecipare ai grandi eventi organizzati da Slow Food a livello internazionale. Sono attivi più di 1000 Convivium Slow Food in 130 Paesi, comprese le 410 Condotte in Italia(21).

3.5.1 L'arca del gusto, la nascita dei presìdi

L’Arca del Gusto nasce nel 1996, in occasione del primo Salone del Gusto torinese. Un anno dopo viene stilato il Manifesto del progetto, che ne definisce gli obiettivi.
Primo fra tutti, salvare un patrimonio economico, sociale e culturale straordinario, fatto di eredità contadine e artigiane non scritte ma ricche e complesse, di competenze e tecniche antiche. Un universo di salumi, formaggi, cereali, ortaggi, razze locali che spesso devono la loro particolarità e la loro eccellenza organolettica a situazioni d’isolamento e alla necessità di adattarsi a condizioni difficili (forti declivi, scarsa irrigazione).
Per due anni l’Arca del Gusto è oggetto di riflessione e di confronto fra ricercatori universitari, docenti, giornalisti, rappresentanti di Istituzioni ed associazioni impegnate nella salvaguardia di prodotti in via di estinzione. Al Salone del Gusto del 1998 ci sono appena dieci prodotti dell’Arca, sparpagliati qua e là, fra le bancarelle del mercato. Ma proprio quel Salone segna una svolta che fa capire il potenziale di quei prodotti.
I giornalisti di tutto il mondo percorrono gli spazi espositivi in lungo e in largo alla ricerca di quei prodotti. Per alcuni di questi, come il lardo di Colonnata, fu una consacrazione.
A questo punto sono evidenti due condizioni indispensabili per legittimare la vasta operazione culturale dell’Arca del Gusto: la scientificità e l’operatività del progetto. Per rispondere a queste esigenze Slow Food crea una Commissione Scientifica e lancia un nuovo progetto, o meglio, un numero indefinito di progetti: i Presìdi. Arca e Presìdi diventano così sinonimo di ricerca e di intervento sul territorio.
La Commissione Scientifica dell’Arca Italiana, nata nell’inverno del 1999, individua le categorie dei prodotti e i criteri di selezione. Grazie al suo lavoro di selezione e ad un censimento realizzato dal Movimento Slow Food, l’Arca Italiana arriva ad annoverare oltre 400 prodotti.
Il lavoro si dimostra fertile: in molti altri Paesi del mondo nascono Commissioni che iniziano a lavorare scovando e catalogando prodotti. I primi a mettersi all’opera sono gli Americani e i Tedeschi, seguiti dagli Svizzeri, dagli Olandesi, dai Francesi. Il 26 ottobre 2002, al Salone del Gusto, tutte queste esperienze si incontrano e nasce una Commissione Internazionale. Grazie all’apporto e al confronto di tutti, si stabiliscono alcune regole generali, si individuano i compiti della Commissione e si ridiscutono i cinque criteri di selezione varati per l’Italia, che con alcune integrazioni importanti, diventano validi strumenti per tutte le commissioni del mondo. La Commissione Internazionale “mette in rete” le esperienze di tutto il mondo: è luogo di confronto per le diverse nazioni e sostiene la nascita e il lavoro delle varie commissioni nazionali. Inoltre può selezionare direttamente i prodotti dell’Arca nei Paesi in cui non esistano commissioni o nei Paesi in cui Slow Food non abbia ancora una base associativa. Infine essa è di supporto per la realizzazione dei Presidi, perché la sua attività di ricerca, descrizione e catalogazione mette a disposizione un universo di prodotti potenzialmente presidiabili. D’altra parte i Presidi, con le loro azioni di sostegno ai produttori, danno un senso al lavoro dell’Arca, che altrimenti si risolverebbe in un catalogo cartaceo.

3.6 Evoluzione e ruolo del presidio “Pompìa” dal 2004 a oggi

Nell'estate del 2004 quando è stato creato il presidio “Pompìa”, rimaneva pochissimo tempo per organizzare la partecipazione al Salone del Gusto, primo appuntamento ufficiale per il nuovo organismo venutosi a creare in Baronia.
Erano giorni intensi, riunioni a non finire, fino a quando tutto fu pronto per far sbarcare la Pompìa in una delle più prestigiose vetrine al mondo per quanto riguarda i prodotti agroalimentari. La Pompìa fece centro, fu accolta con entusiasmo e dopo il rientro da Torino i componenti del presidio dovevano adoperarsi per creare l’associazione.
Dopo infinite riunioni con la responsabile dei presìdi sardi Anna Sulis,
il responsabile della condotta di Nuoro Gianfranco Sotgiu e Giampiero Lapia (responsabile del presidio) tutti i produttori rispondevano positivamente alle idee che venivano cercate di condividere, loro disponibili a impegnarsi, ma in pratica non si è concretizzato mai niente, sono rimaste solo belle parole.
Il problema è che le persone appartenenti al gruppo del presidio sono abituate a lavorare nella propria azienda in modo autonomo e mancano di spirito collaborativo, mancanza che ha portato alla conseguente immobilità, in quanto neanche una persona si è presa la briga di parlare chiaramente, definire le azioni necessarie ed è mancata la figura di un leader che abbia saputo imporsi e guidare gli altri in un percorso ben preciso.
Le varie richieste di maggior partecipazione nel progetto, sono state ignorate e tutto questo probabilmente è imputabile al fatto che tutti hanno diversi impegni e la Pompìa come già detto rappresenta un extra dell'attività.
In tutti questi anni non è stato organizzato niente nel territorio e non c'è stato nessuna concretizzazione di tutte le idee espresse nelle riunioni. Così, quando si è dovuto preparare la partecipazione alla quarta edizione del salone del gusto c'è stato scarsissimo interesse e spirito di sacrificio(22), infatti quell'anno il Salone ha visto solo la partecipazione di un produttore a Torino.
Questa situazione è stata smossa dalla direttiva di Slow Food che ha iniziato quest'anno la seconda parte dei presìdi.
Questo nuovo corso obbligato per i presìdi che vogliano continuare a chiamarsi così, devono costituire un associazione o cooperativa di tutela e valorizzazione del prodotto che rappresentano, per continuare ad essere parte di Slow Food, in quanto essa si è accorta che alcuni presidi, tra i quali anche quello della “Pompìa” non si è adoperato adeguatamente alla missione di cui è portatore. Il presidio Pompìa quindi si è visto quasi costretto a creare l’associazione l’11/07/2008 per assicurarsi la partecipazione al salone del gusto, ma questa associazione sembra solo che associ le persone formalmente in quanto sostanzialmente ognuno purtroppo pensa a seguire la sua via, credendo di fare il meglio per sé. Auspico che prima o poi il presidio faccia sua la missione che porta avanti Slow Food e capisca come deve lavorare per dare il suo contributo a costruire un alternativa allo sviluppo omologato, globalizzato e anche che porti a far conoscere in lungo e in largo la Pompìa di Siniscola.

3.6.1 Analisi dei soggetti coinvolti nel presidio

Per capire meglio la situazione all'interno del presidio, penso sia necessario approfondire le conoscenze sui soggetti appartenenti allo stesso, analizzando le loro attività, caratteristiche fondamentali in modo da rendere più chiare le loro intenzioni a proposito della Pompìa .
Ho rivolto loro alcune domande per carpirne idee e intenzioni, ho avuto modo di assistere ad una loro riunione e devo dire che ne sono rimasto particolarmente deluso.
Mi sembra rilevante annotare che i soggetti all'interno del presidio hanno quasi tutti una età anagrafica elevata e le attività che svolgono sono: n.2 pasticcerie, n.2 panifici che producono anche dolci, e n.1 ristorante. Queste attività sono tutte già bene avviate e la Pompìa rappresenta per loro un prodotto marginale per quanto riguarda sia il tempo cui gli dedicano, sia per il reddito che da questa ricavano; per questo non prodigano un grande impegno per sviluppare questa parte della loro attività, in quanto la maggior parte degli appartenenti non si è dimostrata all'altezza del compito che si è impegnata a svolgere, perché nei fatti non si sono mai adoperati affinché la Pompìa venisse promossa maggiormente e non hanno mai coinvolto la comunità.
Più che altro sembra che alcuni hanno aderito all'iniziativa in quanto con l'appartenenza al presidio Slow Food, al loro prodotto veniva riconosciuto un maggior valore, e gli veniva fatta una grandissima pubblicità senza avere fatto niente per meritarsi tutto questo. Anzi si può dire quasi che hanno ostacolato, lo sviluppo del presidio e l'entrata di altre persone nello stesso, e parte di questi hanno collaborato anche alla compilazioni di importanti documenti, per il proseguo della vita del presidio solo quando costretti, diciamo hanno fatto il minimo per rimanere dentro. Io penso che questa gente andrebbe eliminata da questo perchè fino ad ora sono stati uno ostacolo per lo sviluppo ma tenterei di coinvolgere giovani, gente che ha passione e che ha voglia di lavorare non solo per il proprio tornaconto personale, ma anche che dia un contributo allo sviluppo della comunità.

3.6.2 Ambizioni, motivazioni e interessi

All'interno del presidio ci sono sempre stati pareri contrastanti, e sempre dispute sulle minime cose che ne hanno minato l'efficacia, non ci sono mai state le condizioni per lavorare in sintonia e per progettare qualcosa di positivo che potesse accrescerne i risultati, lo dimostra anche il fatto che fino ad ora solo due produttori di Pompìa hanno partecipato al Salone del Gusto di Torino, e se non fosse stato per questi, la Pompìa non avrebbe varcato neanche i confini regionali, questo non vuole dire che in occasioni di questi eventi bisogna andare tutti, però perlomeno ci dovrebbe essere un interesse da parte loro a partecipare e a promuovere il prodotto, ma invece l'apatia regna quasi sovrana, il presidio è tutt'ora un organismo che è incapace di programmare la minima azione anche a livello locale, e questo non per la mancanza di idee ma per il disinteresse generale che rende le idee irrealizzabili in partenza, in quanto molta incompetenza, ignoranza e gelosia verso chi tenta di progredire e si ritaglia i suo spazi rendono impossibile la realizzazione del minimo intervento; se la situazione attuale non cambia, le prospettive di valorizzazione dell'economia rurale del territorio rimarranno solo nei sogni di quelle persone che cercano di andare avanti e da soli a piccoli passi tentano sempre di promuovere e di diffondere questa nostra ricchezza. I meriti del lavoro che è stato fatto fino ad ora sul progresso della Pompìa lo dobbiamo ai pochi singoli che non si sono ancora arresi all'idea di lasciar perdere e che credono in questo progetto e in un maggiore coinvolgimento della comunità affinché venga creata nuova ricchezza.

3.7 Analisi di quelli che non fanno parte del presidio

Il presidio Slow Food è composto da una parte minima di produttori rispetto a tutte le persone che coltivano, trasformano e vendono Pompìa a Siniscola, e ultimamente anche i dintorni. Alcune persone l'hanno sempre fatta, altri invece hanno visto in questa un'opportunità di arrotondare le entrate di reddito e si sono cimentate nella produzione senza rispettare a volte i dettami della tradizione, le norme igienico-sanitarie, arrecando un notevole danno all'immagine che questo prodotto si è conquistata faticosamente. A Siniscola negli ultimi tempi sono tante le persone che vendono Pompìa senza nessun tipo di licenza e controllo da parte di nessuno, si può dire che questo dolce è diventato un bene di cui si può fare ciò che si vuole, in quanto al di fuori del presidio non è regolamentato niente, non esiste un disciplinare di produzione condiviso, e sopratutto non viene tutelato il prodotto dalle autorità competenti, senza fare rispettare le minime leggi che esistono. Dovrebbero essere fissati dei paletti che inducano le persone che svolgono questa attività(23) a rispettare alcune regole per la pacifica convivenza sociale, e inoltre sarebbe auspicabile creare un tavolo di mediazione dove tutti gli attori possano prendere parte, esprimere le proprie opinioni e magari proporre delle strategie comuni da portare avanti, senza che nessuno ostacoli il lavoro degli altri, ma anzi coinvolgendo più persone di modo ché tutti possano partecipare nel loro piccolo alla valorizzazione di questo prodotto e anche cooperando assieme, per esempio formando un consorzio o altre forme cooperativistiche dove si riesca a far progredire l'economia rurale del territorio. Si può dire che questo problema esiste dal 2004, c'è stato un approccio sbagliato alla questione in quanto i tentativi di mediazione e di coinvolgimento non sono mai stati portati fino in fondo, le cause sono da ricercare nella mancanza di dialogo tra i soggetti, e dalla mancata regolamentazione da parte delle Istituzioni competenti che hanno lavorato in modo ambiguo, e hanno fatto si che oggi ci sia questa situazione. Basti pensare che nel protocollo d'intesa i firmatari erano nove, mentre i membri che hanno potuto continuare questa avventura sono stati solo cinque. Negli ultimi tempi si è visto crescere un fenomeno legato alla folclorizzazione ad uso e consumo della pompìa, in quanto tantissimi privati oggi giorno producono pompìa e la vendono senza alcun tipo di strategia che anche se involontariamente arreca danno al prodotto in sé.

3.8 Diffusione della Pompìa all'interno dei menu di ristoranti e
agriturismi

Vi è da dire che la Pompìa ha finalmente convinto gran parte dei ristoratori e dei gestori di agriturismi a proporla nei loro menù, in quanto fino a qualche anno fa erano pochissimi quelli che la avevano. In linea di massima(24) la pompìa è poco conosciuta dai turisti in media solo il 20% l'ha già mangiata o ne ha sentito parlare, conforta sapere che alla netta maggioranza delle persone che la provano piace tantissimo. Nella maggior parte delle attività ristorative viene proposta come dessert a fine pasto, insieme o in alternativa alla sèada(25). Inoltre alcuni hanno creato delle ricette speciali con Sa Pompìa e addirittura un agriturismo produce anche la granita di Pompìa.

3.9 I canali di vendita e il mercato attuale

I canali di vendita attuali sono ancorati per lo più ai canali tradizionali,
come la vendita al dettaglio nei negozi dei produttori. Ultimamente buona parte della produzione viene venduta in occasione di manifestazioni particolari come sagre e fiere, dove c'è il vantaggio di un contatto diretto con le persone interessate dove oltre a effettuare degustazioni si racconta la storia e le caratteristiche del prodotto, questo influisce tantissimo sulla vendita; questa parte è suscettibile di miglioramenti, anche per questo aspetto siamo ancora in una fase disorganizzata. Solo alcuni produttori riforniscono altri negozi in altre parti della Sardegna e d'Italia, e sopratutto quelli che maggiormente richiedono questo prodotto per averlo tra i loro articoli di vendita, sono i negozi di prodotti tipici sardi, sparsi un po' in tutta Europa e ultimamente anche alcuni ristoranti all'infuori della Sardegna, possono vantare la presenza all'interno del loro menù della Pompìa.

3.10 Sintesi delle opinioni comuni, base di partenza per instaurare un
nuovo dialogo e una nuova progettazione

Vi è da dire che a detta di tutti gli operatori incontrati, i punti di forza di Siniscola sono senza dubbio il mare incontaminato, il paesaggio, i prodotti tipici, le feste e il mantenimento delle tradizioni, che ancora oggi sono vive. Allo stesso tempo ciò che si percepisce essere il principale punto di debolezza è la presenza di una mentalità e di una cultura troppo individualista da parte di quasi tutti gli attori, che si riflette inevitabilmente in una dimensione medio-piccola delle imprese che alla fine lavora ognuna per conto proprio, senza sfruttare i vantaggi derivanti dalla formazione di reti, progetti comuni, ossia non vi è in atto nessuna sinergia tra imprese che rimanendo così isolate tra loro, non possono effettuare neanche investimenti significativi per quanto riguarda l'innovazione e lo sviluppo anche per quanto riguarda la promozione quindi la situazione permane la stessa.
Individuare nello sviluppo rurale di qualità una componente importante della crescita e dello sviluppo dell'economia locale, è un opinione che riguarda ancora un numero troppo esiguo di persone, toccherebbe sviluppare questo discorso e informare le persone sulle effettive possibilità di sviluppo legate a questo settore.
La zona agricola è percepita in maniera distorta dai cittadini, non viene considerata come una possibilità di sviluppo in prospettiva futura, ma viene intesa come attività marginale e sussidiaria.
Questa idea di agricoltura dovrebbe cambiare rotta per dirigersi verso un concetto di azienda agricola multifunzionale: l'agricoltura non è legata più solo ai prodotti della terra ma al turismo, all'ambiente, all'alimentazione, alla qualità dei prodotti, all'importanza della tutela dell'ambiente e della sua sostenibilità. Dovrebbe cambiare il ruolo dell'imprenditore agricolo, frutto di una trasformazione culturale dell'azienda agricola nei confronti della società e dove trova collocazione anche il giovane, grazie alle nuove attività che l'azienda potrebbe svolgere: dalla produzione e vendita dei prodotti, alle iniziative promozionali per la conoscenza dell'azienda agricola, all'agriturismo. Proprio l'agriturismo rappresenta un elemento fondamentale nella strategia di sviluppo rurale di qualità in quanto rappresenta a livello di azienda-famiglia agricola, un importante stimolo al rinnovo dell'imprenditoria agricola grazie all'ingresso e alla permanenza dei giovani e alla valorizzazione del ruolo delle donne nella gestione aziendale; inoltre, costituisce un fondamentale anello di congiunzione fra agricoltura e altre attività del mondo rurale, in quanto fornisce opportunità di integrazione fra agricoltura, artigianato, turismo, risorse culturali e storiche e quindi pone le premesse per valorizzare l'intero territorio esaltandone le sue peculiarità. Nel territorio di Siniscola si è registrato un boom per quanto riguarda il numero degli agriturismi che sono cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni, seppur con tanti limiti per quanto riguarda l'offerta agrituristica che offrono, in effetti ne esistono solo un paio storici che rappresentano un esempio di multifunzionalità, perché per quanto riguarda la maggioranza di questi il loro elemento centrale è la ristorazione, mentre le altre attività complementari sono ancora poco sviluppate e esiste una scarsa differenziazione per quanto riguarda i servizi che offrono.
Per potere sviluppare il territorio rurale in termini di promozione, attrattività e servizi ci vorrebbe uno sforzo comune e reciproco tra tutti gli attori anche istituzionale, ma la percezione è che questo effettivamente manchi.
Un aspetto limitante per quanto riguarda lo sviluppo agricolo della zona è dovuto al fatto che le aziende sono per lo più di piccole dimensioni, pertanto necessitano di sostegni per consentire agli agricoltori di valorizzare i prodotti aziendali con innovazioni tecnologiche che consentirebbero di essere più competitivi sul territorio.

(19)Nel 1999 in un programma televisivo condotto da Luca Sardella, si presentò per
la prima volta il dolce di Pompìa.
(20)Gli altri presidì sono il pecorino di Osilo, lo zafferano di San Gavino, il
casizzolu del Montiferru, la razza bovina sardo-modicana anch'essa del
Montiferru, la copuleta di Ozieri. Ad oggi sono stati istituiti nuovi presidi
come quello delle arselle di Marceddì e del muggine di Cabras.
(21)Www.slowfood.it (10/9/2008)
(22)Spirito di sacrificio nel senso che per andare al Salone del Gusto, la maggioranza dei presidianti ha preferito rimanere in Sardegna e lavorare nella sua attività principale, andare a Torino per molti non rappresenta una possibilità di crescita, non vi è entusiasmo nel partecipare a questa iniziativa, ma per alcuni equivale a “perdere tempo” e lavoro.
(23)La maggior parte di questi abusivamente, senza nessun tipo di autorizzazione.
(24)La fonte di queste affermazioni sono le interviste che ho effettuato a
ristoratori e gestori di agriturismo.
(25)Dolce tipico sardo composto da 2 sfoglie di pasta ripiene di formaggio dolce fresco, che viene fritto e condito sul piatto con miele o zucchero.



4 “Sa Pompìa”: un nuovo piano strategico per il futuro

4.1 Perché e come redigere un nuovo piano strategico

Sul perché redigere un nuovo piano strategico penso che anche il più distratto lettore di questa tesi l'avrà capito.. Al momento il processo di valorizzazione di “sa Pompìa” è in una fase di stallo, che perdura da anni, quindi da qui parte la necessità di modificare l'esistente circuito di valorizzazione del prodotto tipico facendo in modo che questo abbia effetti migliorativi nei confronti del complesso sistema di relazioni tra prodotto, processo produttivo, risorse specifiche in esso impiegate e anche tra le imprese stesse del processo produttivo. Il fatto di garantire la remunerazione delle risorse impiegate è soltanto un aspetto della sostenibilità della valorizzazione del prodotto tipico, in quanto esistono altri aspetti più “nobili” che fanno parte di questa. Infatti dobbiamo mettere in conto la possibilità che sorgano delle modifiche nell'equilibrio tra il sistema di produzione del prodotto e l'ambiente naturale in cui si inserisce lo stesso. Inoltre affinché si possa garantire una equità del processo di valorizzazione sarebbe necessario mantenere sotto controllo le modifiche che potrebbero sorgere a livello di ripartizione di benefici economici e non economici sulle persone attivate, in modo da assicurare che i benefici vadano divisi tra la popolazione rurale e le imprese; che la distribuzione verticale del valore creato sul mercato sia equamente divisa tra i diversi attori della filiera, e che come spesso succede i soggetti più a monte non vengano espropriati dal valore aggiunto creatosi, infine bisognerebbe considerare gli effetti sulla qualità della vita della collettività, tenendo conto delle modifiche apportate dal processo di valorizzazione.
Per riattivare questo processo di valorizzazione si potrebbe far carico di prendere l'iniziativa un gruppo ristretto di attori (meglio se formato congiuntamente da produttori, tecnici e istituzioni locali) che hanno interessi o che sono coinvolti nella produzione o nel consumo del prodotto tipico. Come afferma Brunori(26) “in un processo di valorizzazione effettivamente condiviso e partecipato è necessario che il gruppo di “promotori” operi per estendere l'idea progettuale ad altri attori, cercando alleanze(27) sul territorio e, sopratutto, per evitare o gestire nel modo migliore i potenziali conflitti che potrebbero sorgere con altri attori locali che hanno una visione differente sulle strategie da portare avanti”.
Quest'aspetto della gestione dei conflitti rappresenta un punto fondamentale del processo di valorizzazione non solo per le ripercussioni sul potenziale ampliamento e consolidamento dello specifico sistema di produzione, ma anche ai fini dell'integrazione della strategia di promozione delle risorse locali. Infatti il prodotto tipico potrebbe fungere da catalizzatore per altre iniziative di promozione locale esterne al prodotto.

4.2 Le basi per una buona strategia

Affinché si ottenga una buona strategia di valorizzazione i diversi attori coinvolti dovrebbero interagire tra loro mettendo in comune conoscenze, opinioni e interessi avviando un processo di apprendimento che abbia come fine una maggiore consapevolezza dei propri mezzi e una visione condivisa della propria realtà. Premessa fondamentale questa, per poi procedere all'individuazione di obiettivi comuni e alla pianificazione delle azioni da mettere in atto con riferimento alle diverse aree strategiche. Sarebbe molto utile farli riflettere insieme e rispondere a queste domande chiave: chi siamo? che cosa abbiamo? Come stiamo? Dove vogliamo andare? Come vogliamo andarci?
In questo modo si dovrebbe arrivare a definire e programmare:
obiettivi, strumenti, e iniziative. Siccome questo processo per quanto riguarda la valorizzazione di “sa Pompìa” non è stato ancora avviato qui di seguito ipotizzerò i possibili scenari che si potrebbero verificare, mi preoccuperò di proporre io gli obiettivi, gli strumenti e le iniziative che potrebbero essere fatte, questo solo per essere da esempio o spunto per un percorso futuro che spero verrà sviluppato.

4.2.1 L'importanza di formare una rete della filiera

All'interno del nuovo processo, deve essere centrale il ruolo della filiera in quanto per rafforzare ulteriormente l'immagine e la reputazione del prodotto sarebbe opportuno che tutti gli attori della filiera prendano parte alla discussione e alla definizione degli obbiettivi in modo di sviluppare coerentemente tutte le fasi, creare un maggiore dinamismo e ampliare così gli orizzonti di sviluppo, inoltre sfruttare la formazione di reti tra i diversi attori cooperando e aiutandosi l'un l'altro.(28) Questo servirebbe ad avere un maggior raggio di azione per quanto riguarda le possibilità di sviluppo e crescita e una maggiore coesione tra gli attori porterebbe anche a un miglioramento dei rapporti sociali tra la comunità, innescando uno spirito di condivisione che porterebbe a una maggiore solidarietà e senso di fratellanza negli appartenenti alla comunità. Inoltre formando questa rete ogni soggetto si sentirebbe più sicuro nell'investire nuove risorse in quanto la condivisione di un progetto porterebbe maggiore fiducia nello stesso.

4.2.2 Il ruolo delle scuole e il coinvolgimento dei giovani

Le scuole dalle elementari fino alla ricerca universitaria dovrebbero essere implicate in questo progetto in diversi modi. Partendo dai più piccoli li si dovrebbe educare a una corretta alimentazione e alla conoscenza del proprio territorio e delle sue tradizioni, in quanto saranno le nuove generazioni quelle che in futuro si dovranno occupare della salvaguardia, conservazione e sviluppo delle risorse. Essendoci a Siniscola diverse scuole superiori(29), sarebbe bello e interessante far riscoprire agli studenti, questi prodotti tramite lezioni sul campo e visite guidate ai siti produttivi. Inoltre offrirgli la possibilità di sentirsi un fattore importante nello sviluppo del territorio tramite l'integrazione di essi in alcuni progetti, incaricandoli per esempio di eseguire studi di fattibilità, di essere d'aiuto nella formazione di addetti alla coltivazione, e anche per quanto riguarda l'innovazione con lo sviluppo di nuove idee, in modo che vengano stimolati anche a coltivare le proprie capacità e dare delle possibilità maggiori anche per quanto riguarda l'inserimento lavorativo in diversi progetti che potrebbero essere avviati in collaborazione con le varie associazioni e istituzioni.
L'Università invece dovrebbe essere incaricata di eseguire uno studio tecnico-scientifico ma anche storico sulla Pompìa in modo di risalire alle sue origini e a catalogarne ufficialmente il nome scientifico e anche le proprietà fisico-chimiche che ai più sono ancora avvolte nel mistero. Questo studio dovrebbe portare anche alla pubblicazione di un'opera letteraria, anche un opuscolo dove si esponga lo studio effettuato in modo da diventare una fonte certa e attendibile per tutte quelle persone che vorranno approfondire le proprie conoscenze a riguardo e anche per avere una versione ufficiale che possa essere condivisa dalla popolazione, cosa che al momento manca.

4.3 Obiettivi perseguibili

Sono moltissimi gli obiettivi che si potrebbero raggiungere grazie ad uno sforzo collettivo, tra questi: lo sviluppo di attività economiche endogene, la creazione di nuova occupazione e la generazione di nuovo redditto, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, la promozione di sistemi agricoli a basso impatto ambientale, il mantenimento e rafforzamento del tessuto sociale cittadino, la creazione di marchi che certifichino la tipicità e la qualità dei prodotti, un maggiore afflusso di turisti, la creazione di un calendario di eventi distribuiti durante tutto l'arco dell'anno, miglioramento e ammodernamento delle strutture delle aziende agricole e di quelle di trasformazione e commercializzazione, conversione delle produzioni, uso di nuove tecnologie, miglioramento della qualità dei prodotti agricoli e alimentari, aumento delle superfici coltivate, sviluppo forestale e sostenibile, diversificazione delle attività agricole e incentivazione di attività alternative, un incremento della multifunzionalità in agricoltura, lo sviluppo delle attività ricettive, una maggiore destagionalizzazione del turismo.
Questi sono alcuni degli obiettivi perseguibili da parte delle imprese con la valorizzazione di “Sa Pompìa”, alcuni direttamente e altri indirettamente, ad esempio tramite lo sviluppo dell'indotto e dei servizi connessi alla valorizzazione e promozione del territorio.

4.4 Gli strumenti e le iniziative necessari

Per arrivare a una valorizzazione soddisfacente per tutti bisognerebbe proporre tante iniziative usando diversi tipi di strumenti. Inizialmente si dovrebbe coinvolgere e informare la popolazione delle idee che si hanno; per esempio si potrebbero organizzare dei convegni dove le istituzioni in accordo con i promotori presentassero i loro piani, si potrebbero invitare degli esperti del settore per spiegare le iniziative che andrebbero intraprese, e si potrebbero creare delle occasioni di confronto andando a visitare altre realtà che hanno già seguito con successo un percorso di valorizzazione, iniziative di formazione/educazione nelle scuole, collaborazioni con istituti di ricerca per trovare altri campi da sviluppare. In poche parole ci vorrebbe una mobilitazione generale delle persone e delle loro idee, in modo da creare quel fermento che col passare del tempo riesca a concretizzare i propri progetti. Man mano che si andrebbe avanti e si consolidassero i rapporti collaborativi sia tra i soggetti privati stessi che tra pubblici e privati, si potrebbero seguire altri progetti e iniziative, sempre nell'interesse generale della comunità, non si dovrebbe mai fermare di proporre idee e si dovrebbe sempre pensare a evolvere e difendere le posizioni conquistate con la valorizzazione. Una cosa fondamentale pure è la creazione di eventi organizzati ad hoc per promuovere il prodotto e il territorio, per questo non dovrebbe mancare la sagra della Pompìa, idea mai concretizzata appieno che potrebbe essere organizzata seguendo modelli di altre città che dedicano anche un fine settimana di eventi intorno ai loro prodotti tipici, integrando la sagra con altri avvenimenti collaterali di vario genere, anche perché con un po' di fantasia si possono creare tanti eventi nell'evento, dai concorsi gastronomici al coinvolgimento di varie arti come la pittura, scultura, cinema, fotografia aventi per filo conduttore i prodotti tipici o il territorio rurale, diciamo che in questo senso ci si potrebbe sbizzarrire nel proporre le idee più varie. Così facendo si attirerebbero un numero di visitatori maggiore di quelli che verrebbero solo per la sagra della pompìa e in più ci sarebbe anche l'interesse dei media per un evento di questa portata con passaggi televisivi e anche sulla stampa, che contribuirebbero a far crescere la manifestazione e a creare anche nei forestieri l'associazione del territorio di Siniscola alla Pompìa innescando una promozione gratuita del prodotto e del territorio.

4.5 Progetti in corso

Al momento ne esistono pochi. Il primo progetto incentrato sulla Pompìa è stato quello di agricoltura sociale che sta entrando ora nella fase più delicata. Il progetto è nato allo scopo di dare attraverso la coltivazione dell'agrume delle aspettative di vita migliori e di favorire l'inserimento nel mondo del lavoro ai soggetti affetti da disturbi psichici attraverso la produzione del tipico frutto locale. Per ora l'esperienza si è rivelata più che positiva in quanto sono stati raggiunti gli obbiettivi primari, vi è da dire che dopo questi primi anni di lavoro è maturato nei soggetti un netto miglioramento sia a livello manuale che psicologico. I soggetti disabili lavorano affiancati da quattro maestri d'opera e da un educatore, per due ore, tre volte alla settimana, curando la manutenzione del campo pilota e la raccolta e trasformazione del frutto prodotto. Questo progetto va ben oltre l'aspetto prettamente terapeutico, in quanto punta alla creazione di una cooperativa, in modo da dare un futuro occupazionale alle persone coinvolte con la commercializzazione del frutto attraverso una forma aziendale protetta(30).
Oltre a questo progetto ve ne è un altro questa volta promosso dall'unione dei comuni del Mont'albo che punta alla creazione di un distretto turistico integrato tramite la formazione di diverse reti di percorsi di vario genere, che dovrebbero coinvolgere i vari paesi in un ottica di differenziazione e di proporre un offerta turistica integrata dalle varie specializzazioni che ogni paese dovrebbe sviluppare in se. Questo comunque è un progetto che ancora deve prendere forma concreta, diciamo che vi è un'idea generale di quello che si vuole e potrebbe creare ma per vedere qualche risultato, dovremo aspettare che questa rete di percorsi intra-comunali prenda forma e faccia il suo corso.

4.6 Con tanti piccoli passi si avanza lungo il cammino!!

Oltre a tutte le iniziative e gli strumenti adottati dalla gestione integrata del territorio si potrebbero implementare i risultati compiendo delle azioni semplici da realizzare, e forti dal punto di vista del messaggio. Molti sarebbero i modi di trasmettere l'immagine del paese identificata con i suoi valori, in questo senso ho pensato che il comune potrebbe compiere delle azioni mirate a rafforzare la promozione del territorio tramite la posa di alberi di Pompìa in alcuni punti strategici del paese ad esempio in una delle piazze principali del paese ma anche lungo le vie dello stesso, inoltre sarebbe secondo me molto efficace comunicare il connubio tra la Pompìa e Siniscola tramite anche l'ausilio della cartellonistica stradale(31). Con la buona volontà, la lungimiranza e il buon senso queste e altre cose potranno essere realizzate, e se succederà parte di tutto ciò, sicuramente apprezzeremo di più i nostri valori e le nostre tradizioni scoprendo una parte nuova di noi stessi, contenti e felici di andare avanti lungo questo cammino e essere gli artefici del nostro successo.

(26)Brunori G.[2006]“La definizione e attuazione del piano strategico di
valorizzazione” della “Guida per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari
tipici” Firenze ,ARSIA,pag. 38-39
(27)Vale a dire adesioni a coinvolgimento attivo
(28)Cosa molto più facile da teorizzare che da mettere in pratica a causa dei
difetti di fabbrica che abbiamo noi come esseri umani!!
(29)Le più interessate al progetto potrebbero essere l'istituto professionale
agrario, l'istituto tecnico turistico e anche gli studenti dell'istituto tecnico-
commerciale.
(30)Ungredda F.[2007], “La sfida dei ragazzi del Cim: coltivare pompìa in una coop”, Unione Sarda, 14/04/2007
(31)Per esempio si potrebbero mettere dei cartelli all'entrata del paese a fianco o sopra alla scritta Siniscola, paese della Pompìa.


Conclusioni

Questo lavoro è nato per dare un contributo alla valorizzazione del mio territorio di origine, in quanto ho sempre visto nella Pompìa un opportunità (poco sfruttata) di riscatto e di sviluppo per il territorio e la comunità. Nel corso dello sviluppo di questa tesi mi son preposto di capire le criticità, i limiti e problemi che hanno fatto in modo che il processo di valorizzazione di “Sa Pompìa” rimanesse bloccato, senza nessuna prospettiva di miglioramento all'orizzonte. Devo ammettere che durante lo sviluppo di questa tesi, ho avuto seri dubbi su quale fosse il percorso migliore da affrontare, perché mentre all'inizio avevo le idee ben chiare su come raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissato, mi son dovuto ricredere diverse volte per quanto riguarda la scelta delle strategie da utilizzare. Ho cambiato le mie opinioni su quali fossero le azioni più efficaci da portare avanti, in quanto all'inizio davo quasi per scontato che sarebbe bastato un buon progetto per trovare una mediazione tra le varie interpretazioni di quello che rappresenta per Siniscola la Pompìa. A questo proposito mi sono reso conto durante lo sviluppo dell'analisi della situazione attuale, che sarebbe stato inutile proporre dei progetti di sviluppo, quando mancavano le basi per poterli realizzare, quindi ho spostate l'asse del mio lavoro più verso un opera di sensibilizzazione e di convincimento, della necessità di cambiare metodo di lavoro.
Cercare di uscire da una logica ristretta individualista è la priorità, e le imprese locali dovrebbero assimilare un modello di sviluppo rurale di qualità, occasione di differenziazione ed elemento di stimolo e supporto alle progettualità. Aspirare a tale cambiamento sicuramente richiederebbe un rilevante intervento degli operatori pubblici e amministratori che dovrebbero agire in favore di una cultura dell'aggregazione che dovrebbe essere diffusa maggiormente tra la popolazione.
Il processo di valorizzazione della Pompìa deve essere osservato da vari punti di vista: quello delle imprese della filiera, quello della popolazione, quello delle Istituzioni che ci rappresentano, ma anche da quello dei consumatori e delle generazioni future. Dalle volontà e capacità di questi attori dipende lo sviluppo di questo processo. Per questo una mia speranza è quella di vedere presto la comunità siniscolese unita intorno a quest'aspetto, vederla gestire omogeneamente tutto il territorio con obiettivi chiari e organizzare il tutto come un sistema coeso, nel senso di qualificare le singole attività, organizzarle, integrarle e migliorare non solo le qualità dei singoli prodotti, ma di tutto l'insieme delle attività centrali ma anche di quelle meno coinvolte in questo processo in una visione completa del territorio.
Trovare un progetto condiviso e favorire lo sviluppo rurale significa migliorare anche le opportunità di lavoro e di occupazione (con particolare riferimento alla qualificazione professionale e al ricambio generazionale), ma anche agire per la salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità.
Sperando che questo lavoro sia servito per capire gli errori che sono stati commessi in passato e per guardare al nostro futuro con più fiducia ed entusiasmo, spero che chi di dovere recepisca il messaggio di questa tesi. Inoltre auspico che questo lavoro sia continuato, approfondito, integrato, anche criticato da altri che vorranno seguire il percorso da me intrapreso.





BIBLIOGRAFIA


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Cherchi Paba F. [1974–77], Evoluzione storica dell’attività agricola, caccia e pesca in Sardegna. Regione Sarda, Assessorato Industria e Commercio, Ed. Fossataro, Cagliari, Italia.

Belletti G., Di Iacovo F., D’Alonzo R., Pagni R., et al [2006], “Diversificazione e multifunzionalità nei territori rurali”, Documento presentato alla Conferenza Regionale dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale, Regione Toscana, Firenze,14-15 dicembre 2006

Belletti G., Brunori G., Marescotti A., Pacciani A., Rossi A., Rovai M., Scaramuzzi S. [2006], Guida per la valorizzazione delle produzioni agroalimentare tipiche. Concetti, metodi, strumenti”, ARSIA, Firenze

Lo sviluppo rurale. Turismo rurale, agriturismo, prodotti agroalimentari. [1996],(Programma di iniziativa comunitaria LEADER II) a cura di Carlo Hausmann, INEA, Roma

Tipicamente buono : concezioni di qualità lungo la filiera dei prodotti agro-alimentari in Toscana / a cura di Benedetto Rocchi, Donato Romano. [2006] - Angeli, Milano

Senes Fabio,[2004],Tesi di laurea: “Baronia, valorizzare un territorio tra cibo e turismo”, Università Carlo Bo di Urbino, A.A. 2003/04

Ungredda F.[2007], “La sfida dei ragazzi del Cim: coltivare pompìa in una
coop”, Unione Sarda, 14/04/2007.


WEBGRAFIA


http://www.comune.siniscola.nu.it

www.inea.it

www.slowfood.it

http://associazione.slowfood.it/associazione_ita/welcome.lasso

http://www.webalice.it/belletti/pubblicazioni.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale

http://www.regione.sardegna.it/

http://www.bioversityinternational.org/publications/pgrnewsletter/article.asp?lang=en&id_article=7&id_issue=143









Ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuto, incoraggiato, aiutato e a volte sopportato. In particolare mia Madre, molto paziente e volenterosa, Bea per essere stata vicina e comprensiva nei momenti facili e difficili, Claudia che nonostante la distanza mi ha aiutato tantissimo con la sua esperienza, i preziosi suggerimenti e le correzioni!! Emanuele per avermi aiutato nella redazione e inoltre non da poco.. ha sopportato i miei discorsi monotematici di questo periodo sulla Pompìa!!
Saluto e ringrazio anche i tantissimi amici che ho conosciuto in questi anni di Università che mi hanno fatto compagnia, con cui ho vissuto, studiato, dato esami, festeggiato, viaggiato e che in qualche modo hanno contribuito a formare la persona che sono ora..


Firenze 16 Ottobre 2008